12 novembre 2014: una data storica per la ricerca scientifica e per l’umanità tutta. Per la prima volta, una missione spaziale è arrivata sul suolo di una cometa. Dopo un viaggio durato 10 anni, la sonda Rosetta ha raggiunto la 67P/Churyumov-Gerasimenko, lontana dalla Terra oltre 510 milioni di chilometri, e ha sganciato il lander Philae che, citando Tito Stagno, «ha toccato» alle 17:03 italiane. Per chi segue il mio blog, già questi primi termini dovrebbero essere familiari, non a caso; infatti, l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) scelse simbolicamente il nome “Rosetta” per l’intero progetto perché sperava che le ricerche effettuate sul corpo celeste ci svelassero l’origine del sistema solare, proprio come la famosa stele trilingue fu fondamentale per la decifrazione della lingua egizia. Più precisamente, come si legge sul sito dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), «il principale obiettivo scientifico della missione è la comprensione dell’origine delle comete e delle relazioni tra la loro composizione e la materia interstellare quali elementi fondamentali per potere risalire alle origini del Sistema Solare». Da quel momento in poi, si sono usate denominazioni egittizzanti per vari elementi appartenenti alla strumentazione e per tutto ciò che verrà scoperto sulla cometa. Ma, soprattutto negli ultimi giorni, nello spiegare questa particolarità, giornalisti e alcuni protagonisti stessi dell’impresa hanno compiuto degli errori o imprecisioni. Così presenterò qui di seguito l’origine di questi termini egittologici, forse già nota ai più, ma, così facendo, spero di chiarire le idee a tutti gli altri, aggiornando la lista ad ogni novità.
Rosetta: il fulcro di tutta la missione. Si riferisce alla “Stele di Rosetta”, una lastra in granodiorite (114,4 x 72,3 x 27,9 cm) su cui è inciso, in geroglifico, demotico e greco, un decreto tolemaico emesso nel 196 a.C. Il testo, frammentario soprattutto nella grafia geroglifica, presenta l’istituzione a Menfi del culto del nuovo faraone, Tolomeo V Epifane (204-181), per la sua decisione di abrogare alcune tasse. La pietra fu scoperta il 15 luglio 1799 nel Delta nord-occidentale a Rosetta, l’odierna Rashid, dai soldati napoleonici comandati dal generale Bouchard che stavano scavando le fondamenta di una fortificazione. Il blocco, infatti, era stato reimpiegato in un muro mamelucco e venne subito inviato ad Alessandria dal generale che ne intuì l’importanza. Ma, dopo la sconfitta di Abukir per mano dell’ammiraglio Nelson, la stele passò come bottino di guerra agli Inglesi e, dal 1802, è esposta al British Museum.
Philae: il nome del lander che effettuerà foto e analisi sul suolo della cometa ed è stato scelto grazie a un concorso che l’ESA lanciò nel 2004 tra le scuole dei quattro paesi membri del consorzio che realizzò il modulo (Italia, Germania, Francia, Ungheria). A spuntarla fu l’allora 15enne Serena Vismara, che, fra l’altro, si sta laureando proprio in ingegneria aerospaziale, con la sua intuizione geniale. File, infatti, era l’isola (o meglio, le due isole) che fungeva da confine meridionale del regno d’Egitto, nei pressi della I Cataratta del Nilo ad Assuan. Quest’area, dal fondamentale valore strategico e commerciale, aveva una grande importanza anche religiosa, soprattutto per il culto di Iside. Qui, nel 1815, fu scoperto un obelisco, successivamente acquistato da William John Bankes che lo fece portare da Belzoni, nel 1820, nella sua tenuta di Kingston Lacy, in Inghilterra. Sul granito era inciso un testo bilingue, in greco e geroglifico, redatto intorno al 118/117 a.C. sotto Tolomeo VIII, che celebra un’agevolazione fiscale nei confronti dei sacerdoti di File. La presenza del cartiglio del faraone e di quello delle regine Cleopatra II e III fu decisivo nella corsa alla decifrazione della lingua egiziana che, nonostante la scoperta della Stele di Rosetta, era in stallo. Così, ufficialmente il 14 settembre 1822, Jean-François Champollion riuscì a battere l’inglese Thomas Young e il danese Johan David Åkerblad che pur avevano avuto giuste intuizioni.
Agilkia: il punto di accometaggio del lander che, a causa di qualche problema tecnico, sembra sia leggermente variato. Il termine viene da Agilkia, un’altra isola nilotica che, negli anni ’70, venne scelta per trasferirvi i templi di File. La costruzione della Grande Diga di Assuan, infatti, avrebbe provocato l’innalzamento del livello del fiume e la creazione del Lago Nasser; così, l’UNESCO lanciò una campagna internazionale per il salvataggio dei monumenti minacciati. Tra questi, anche quelli che sorgevano su File, ora sommersa, che vennero letteralmente smontati e ricostruiti tra il 1977 e il 1980 nella vicina e più alta isola di Agilkia.
Cheops: il “Masso Cheope” è una grande conformazione rocciosa larga 45 metri individuata dalla sonda già lo scorso agosto. Il nome dipende dalla forma dell’ombra che proietta l’oggetto e che ricorda quella di una piramide. Così, gli scienziati hanno scelto di usare il nome del faraone Cheope (2605-2580) che fece costruire la più grande delle piramidi di Giza. Quindi, si tratta solo di pareidolia dovuta alle ombre, come nel caso del cosiddetto “Volto di Marte”.
Ptolemy: strumento del lander che misura la quantità di isotopi stabili presenti nei componenti volatili del nucleo della cometa. Deriva dal nome dei sovrani della dinastia tolemaica che regnò sull’Egitto dal 305 al 30 a.C. e sotto cui vennero redatti la Stele di Rosetta e il testo dell’Obelisco di File.
OSIRIS: l’Optical, Spectroscopic and Infrared Remote Imaging System è il principale strumento ottico della missione per la raccolta delle immagini. Si tratta, quindi, di un acronimo che ricorda il dio dell’oltretomba probabilmente per ricollegarsi al contesto egittologico.