Vi avverto: tra eclissi datanti, Popoli del Mare e camere nascoste, il prossimo sarà un periodo pieno di grandi proclami in cui i giornali sguazzeranno. Iniziamo con la notizia pubblicata oggi su Nature che riporta all’attenzione pubblica, dopo mesi di silenzio, il progetto #ScanPyramids. Riassumendo brevemente, un team internazionale (HIP.institute, Università del Cairo, Université Laval, Nagoya University) sta utilizzando le tecnologie più avanzate per analizzare la struttura interna delle grandi piramidi di IV dinastia. In particolare, l’obiettivo principale è l’individuazione di vuoti o altre anomalie all’interno della Piramide di Cheope. Grazie all’utilizzo dell’ormai tanto famosa quanto incomprensibile prospezione muonica (qui una breve spiegazione), nell’ottobre 2016, erano state riscontrate due cavità, una alla base del lato nord, dietro l’ingresso originale (presenza confermata anche da termocamere), l’altra in corrispondenza dell’angolo N-E, a 105 metri d’altezza. Ma poi, complice anche lo scetticismo delle autorità locali e soprattutto di Zahi Hawass, si era deciso di verificare questi risultati con altri esami effettuati tra agosto 2016 e luglio 2017. I nuovi rilevamenti confermerebbero l’ipotesi del fisico giapponese Kunishiro Morishima: un grande vuoto posto sopra la Grand Gallery, tra i 50 e i 70 metri dalla base del monumento. Con una lunghezza di più di 30 metri, la struttura sarebbe la più grande scoperta nella piramide dall’Ottocento. Infatti, in corrispondenza di quell’area, viene segnalato un eccesso di muoni (particelle prodotte dai raggi cosmiche) non assorbiti dalla roccia che sono stati rilevati da piattaforme posizionate nella Camera della Regina e fuori dalla piramide.
Da notare, però, che questa volta, memori della precedente tirata di orecchi dal Ministero delle Antichità, nessuno si è azzardato a parlare di “camere”. In ogni caso, al momento è inutile fare ipotesi sulla natura dell’anomalia, anche perché non è ancora possibile sapere se questa sia orizzontale o obliqua come la galleria sottostante. Nonostante ciò, c’è già qualcuno che si è avventurato in spiegazioni parlando di un condotto utilizzato per trasportare i pesanti blocchi di copertura della Camera del Re o comunque legato alla costruzione della Grand Gallery stessa.
Aggiornamento (3 novembre 2017):
Come prevedibile, è arrivata la risposta piccata del Ministero delle Antichità. Mostafa Waziry, Segretario Generale del Supreme Council of Antiquities, ha parlato di conclusioni troppo precipitose per uno studio preliminare e di termini inadeguati considerati addirittura propagandistici. Il comunicato si riferisce a parole come “scoperta”, “camera segreta”, “galleria”, “tunnel” (a dir la verità, usate soprattutto dalla stampa) e in particolare ad alcune interviste rilasciate dallo stesso Mehdi Tayoubi, co-direttore dello ScanPyramids Project. Ma il vero problema è stato sicuramente la pubblicazione della notizia senza l’approvazione del Ministero – che ha l’esclusiva degli annunci e che ha revocato concessioni di scavo a missioni archeologiche per scavalcamenti simili – e del comitato scientifico permanente (Zahi Hawass, Mark Lehner, dir. Ancient Egypt Research Associates, Miroslav Barta, dir. della missione ceca a Saqqara, e Rainer Stadelmann, ex dir. del Deutschen Archäologischen Institut Kairo) che giudica i risultati del progetto. Lehner, infatti, ha riferito come già si conoscesse la presenza di vuoti lasciati durante la costruzione della piramide, paragonata così alla groviera più che al cheddar (cit.). Quindi niente di nuovo. La risposta di Hawass è stata ancora più categorica: “Questa pubblicazione non fornisce niente all’Egittologia. Zero”.