È ormai da settembre che si aspettava l’ufficializzazione di tre grandi scoperte archeologiche anticipate dai vertici del Ministero delle Antichità egiziane. Così sabato 10 novembre, alla presenza di decine di ambasciatori e giornalisti locali e stranieri, il ministro Khaled el-Enany e Mostafa Waziry, segretario generale del Supreme Council of Antiquities, hanno finalmente annunciato il primo importante ritrovamento effettuato a Saqqara. Per gli altri due bisognerà attendere la conferenza stampa del 19 novembre presso il Museo Egizio del Cairo.
La missione egiziana che lavora nei pressi della piramide del faraone Userkaf dallo scorso aprile ha individuato 7 tombe rupestri, 4 dell’Antico Regno e 3 del Nuovo Regno, riutilizzate in Epoca Tarda per la deposizione di mummie animali. A partire dalla metà del I milllennio a.C., infatti, tutta l’area venne sfruttata per necropoli di cani e gatti.
Proprio da quest’ultimo gruppo di catacombe – racchiuse nel perimetro del Bubasteion, complesso templare consacrato alla dea gatto Bastet – provengono i ritrovamenti annunciati oggi: oltre 200 mummie di gatto, classicamente bendati o inseriti in statuette in legno dorato, e di altri animali.
Queste mummie sono la testimonianza della devozione di centinaia di migliaia di pellegrini che lasciarono in dono agli dèi i corpi imbalsamati dei rispettivi animali rappresentativi. Ne derivò un vero e proprio commercio degli ex voto con gatti, cani, ibis, babbuini, coccodrilli che, a discapito di quanto comunemente si creda, venivano allevati, uccisi, imbalsamati e venduti ai fedeli. In particolare, come evidenziato da TAC e radiografie, ai gatti veniva spesso spezzato il collo già in tenera età.
Oltre ai felini, nelle tombe si trovavano anche due cobra nei loro bei contenitori in legno dipinto (foto in basso), due coccodrilli con rispettivi sarcofagi in foggia di rettile e soprattutto mummie di scarabei (foto in alto).
Si tratta di una scoperta rarissima, addirittura unica se si considerano l’integrità e le dimensioni dei due insetti più grandi che erano avvolti nel lino e chiusi in una cassa cubica in calcare. Un secondo piccolo sarcofago in pietra, decorato come l’altro con un disegno dell’animale contenuto, era pieno di circa 200 esemplari. Lo stesso Waziry ha affermato di aver provato a contattare musei di tutto il mondo senza trovare paralleli.
Altro particolare importante, è noto anche il nome del proprietario originario della tomba, Khufu-Imhat, “Sovrintendente alle costruzioni nel palazzo reale” tra la fine della V dinastia e l’inizio della VI (2350 a.C. circa).
Ma la lista degli oggetti ritrovati non finisce qui e comprende 30 vasi in ceramica, un migliaio di amuleti in faience, statuette in legno e bronzo di animali e divinità, stele funerarie, tavole d’offerta, tre canopi in alabastro, ceste e corde intrecciate con fibre vegetali, maschere di sarcofago, un poggiatesta, papiri iscritti in ieratico e demotico e tavolozze da scriba che conservano ancora gli stili e l’inchiostro nero e rosso.