Camere nascoste nella/vicino la tomba di Tutankhamon: facciamo chiarezza

Camere nascoste nella/vicino la tomba di Tutankhamon: facciamo chiarezza - Djed Medu

Ultimamente, a causa di alcuni articoli diventati abbastanza virali sul web, sono tornate alla ribalta le celeberrime camere nascoste nella Tomba di Tutankhamon. Sapete bene che la questione è stata definitivamente chiusa nel maggio del 2018 con la terza serie di scansioni con georadar, ma la notizia riportata nei succitati articoli è un’altra: la possibile presenza di possibili vuoti nei pressi della KV62.

In realtà, anche in questo caso non c’è niente di nuovo perché il rilevamento di anomalie geofisiche nelle immediate vicinanze della tomba di Tutankhamon risale al 2017 ed è il frutto del lavoro dello stesso team italiano che ha bocciato la tesi di Nicholas Reeves. Diretto dal prof. Franco Porcelli (Politecnico di Torino), in collaborazione con esperti di Università di Torino, 3DGeoimaging di Torino, Geostudi Astier di Livorno, l’inglese Terravision e, per la consulenza egittologica, Centro Archeologico Italiano al Cairo (Istituto Italiano di Cultura), il “Progetto VdR Luxor”, mirato all’intera mappatura geofisica della Valle dei Re, era partito proprio dall’indagine della tomba più famosa d’Egitto. In quest’ottica, era stata usata la tomografia di resistività elettrica (ERT) sulla superficie esterna come metodo diagnostico complementare al georadar nella camera funeraria ed erano stati acquisiti dati interessanti.

Io ve ne avevo già parlato l’anno scorso (potete comunque leggere l’articolo scientifico pubblicato sul Journal of Cultural Heritage) e poi ho avuto la fortuna di approfondire il discorso direttamente con Porcelli durante l’incontro che ho mediato alla Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico di Rovereto. Ma, vista la recente attenzione ri-scoppiata e la gentilezza del professore che mi ha inviato l’ultima pubblicazione del suo team, vale la pena far chiarezza una volta per tutte.

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Fischanger F. et al., Geophysical anomalies detected by electrical resistivity tomography in the area surrounding Tutankhamun’s tomb, in JCH 36 (2019), fig. 2, p. 65

La ricerca con ERT è stata effettuata nel maggio del 2017 in un’area che comprende il piazzale di fronte gli ingressi delle tombe di Tutankhamon e di Ramesse V e Ramesse VI (KV9), la collina in cui sono state scavate le due sepolture (foto in alto) e parte del canyon che porta alla tomba di Merenptah (KV8). In un complesso mix di depositi alluvionali naturali e rimaneggiamenti antropici dovuti a secoli di scavi, sono emerse due anomalie che potrebbero avere importanti risvolti archeologici (immagine in basso). L’Anomalia 1, di circa 5 x 8 metri, si trova a una profondità di 6 metri sotto la collina, a 12 metri dal muro nord della camera funeraria di Tut. Le dimensioni e i valori di resistività portano a pensare che si tratti di un vuoto di origine umana in un’area mai interessata da scavi archeologici, vicino alla KV62 ma – importante sottolinearlo – non direttamente connesso. L’Anomalia 2, invece, è più difficile da inquadrare: ha una forma di ellisse allungata di 15 x 4 m a una profondità di 5 metri sotto il piazzale ai piedi della collina, in una zona quindi già scavata. Questi esami ovviamente non sono sufficienti a tirare conclusioni definitive, per questo la squadra è tornata a Luxor nell’autunno del 2018 per nuove prospezioni.

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Ivi, fig. 8, p. 69

Tornando invece alla terza serie di scansioni con georadar nella tomba di Tutankhamon, ho potuto leggere la pubblicazione dello studio – ancora in fase di stampa (una versione digitale è consultabile qui: Sambuelli L. et al., The third KV62 radar scan: Searching for hidden chambers adjacent to Tutankhamun’s tomb, in JCH, in press) – gentilmente inviatami dal prof. Porcelli.

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Kenneth Garrett, National Geographic

Chiamato a dare un’opinione definitiva dopo le discordanti campagne giapponesi e americane, il team italiano ha realizzato nel febbraio 2018 una serie di scansioni con tre tipologie di frequenza, così da poter avere un numero maggiore di dati da incrociare: basse (15-200 MHz), medie (600-900 MHz) e alte (1500-3000 MHz). Dopo la calibrazione degli strumenti su vuoti noti (Annesso e Tesoro), si è passati alle misurazioni verso le pareti nord e ovest della camera funeraria che, secondo Reeves, avrebbero nascosto l’accesso a ulteriori vani. Le autorità egiziane non hanno permesso che i georadar fossero poggiati direttamente sulle superfici dipinte, quindi sono stati posizionati a 5-10 cm dai muri. I risultati li conoscete già, ma entriamo nel dettaglio.

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Sambuelli et al. 2019, Fig. 3

Le misurazioni fatte ad alte frequenze non hanno rilevato discontinuità sul piano verticale tra la roccia naturale e le ipotetiche porte tamponate in muratura. Quelle a media e bassa frequenza, invece, hanno avuto una risposta omogenea per 3 o 4 metri di profondità. Tradotto: non ci sono stanze né altri tipi di vuoti. Le uniche anomalie riscontrate sono state una frattura naturale (C nell’immagine in basso) due metri dietro la parete nord e un antico appianamento della stessa (A) che era già conosciuto dagli egittologi.

Ma allora cosa aveva visto Watanabe nel novembre del 2015? Non dovevano esserci una camera e un corridoio, con addirittura tracce di oggetti in legno e metallo? A quanto pare, i risultati della prima scansione sono stati fuorviati da “segnali fantasma”. Per prima cosa, lo spazio tra antenna e muro ha abbassato l’accuratezza di misurazione della posizione. Ma la vera causa dell’errore starebbe nelle diverse proprietà elettromagnetiche dell’intonaco dipinto rispetto a quelle della roccia calcarea. Contenente umidità e materiale organico (paglia), il supporto delle pitture è molto probabilmente in grado di condurre elettricità provocando così il fenomemo fisico della guida d’onda. Infatti, solo una parte delle onde elettromagnetiche emesse dallo scanner ha attraversato la roccia; molte altre sono scivolate lungo l’intonaco e, viste anche le ridotte dimensioni della camera funeraria (6 x 4 x 3 m), sono rimbalzate sulla parete opposta o sul grande sarcofago in quarzite portando all’antenna dello strumento un risultato ovviamente sballato.

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Sambuelli et al. 2019, Fig. 5