4 sfingi di Karnak e un obelisco di Tanis verso Piazza Tahrir

4 sfingi di Karnak e un obelisco di Tanis verso Piazza Tahrir - Djed Medu

Nel tentativo di riqualificare l’ormai iconica Piazza Tahrir – piazza al centro del Cairo dove sorge il Museo Egizio – e renderla un’attrazione turistica, le autorità egiziane hanno predisposto il trasferimento di quattro sfingi criocefale (a testa di ariete) dal tempio di Amon-Ra a Karnak.

82535824_1779790608821024_4988354233674760192_nIl trasloco è stato confermato da Mostafa al-Saghir, direttore generale di Karnak, e ha creato non poche polemiche soprattutto tra gli operatori turistici di Luxor preoccupati per la perdita di reperti spostati dalla città verso la capitale. Alle prime accuse apparse sul web ha risposto il Ministero del Turismo e delle Antichità che ha negato che le statue scelte provengano dal Viale delle Sfingi, la lunga passerella cerimoniale che collegava il santuario al Tempio di Luxor. Le sfingi, invece, appartengono al gruppo di 60 (immagine in alto) che in origine si trovava di fronte al secondo pilone e che fu rimosso tra la XXII e la XXX dinastia con la costruzione del primo pilone e degli edifici di culto presenti nel grande cortile porticato.

Al contrario, i lavori di restauro del Viale delle Sfingi sarebbero al 90% e dovrebbero permettere l’apertura al pubblico nel corso del 2020 (anche se c’è da dire che gli annunci di inaugurazioni vanno avanti dal 2013 e che nell’agosto del 2017 si parlava dell’85%).

Le quattro sfingi di Karnak andranno ad unirsi all’obelisco di Ramesse II, portato a Piazza Tahrir due mesi fa circa da Tanis (San el-Hagar, Delta orientale). Il monolite in granito era diviso in 8 blocchi (foto in basso), ma in origine doveva raggiungere i 17 metri d’altezza e le 90 tonnellate di peso.

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Source: english.ahram.org.eg

Aggiornamento (30/12/2019):

Haitham Aboul Ezz al-Hariry, membro del parlamento egiziano, ha inviato una lettera al Primo ministro chiedendo l’annullamento immediato del trasloco delle quattro sfingi e dell’obelisco. Il provvedimento d’emergenza fa appello all’art.7 della Carta di Venezia per il restauro e la conservazione di monumenti e siti del 1964 (riferimento principale della Convenzione UNESCO del 1972 che è stata sottoscritta anche dall’Egitto) che dice:

“Il monumento non può essere separato dalla storia della quale è testimone, né dall’ambiente in cui si trova. Lo spostamento di una parte o di tutto il monumento non può quindi essere accettato se non quando la sua salvaguardia lo esiga o quando ciò sia giustificato da cause di eccezionale interesse nazionale o internazionale”.

Aggiornamento (2/01/2020):

Critiche sull’iniziativa sono arrivate anche da ambienti internazionali. Mai bint Mohammed Al Khalifa, presidentessa dell’Autorità per la Cultura e le Antichità del Bahrain e del Comitato per il Patrimonio Mondiale della Regione dei Paesi Arabi, ha condannato il trasferimento e consigliato un piano alternativo dicendo che, prima di effettuare qualsiasi modifica al proprio patrimonio culturale, i rappresentanti di un Paese dovrebbero consultare l’UNESCO.