Continuano le scoperte “di profondità” della missione ad Abusir (30 km a sud di Giza) dell’Istituto Ceco di Egittologia della Univerzita Karlova di Praga. Dopo il pozzo con materiale per la mummificazione, il team diretto da Miroslav Bárta ha individuato la tomba per cui probabilmente era stato usato quel deposito. Si conferma quindi, come precedentemente ipotizzato, l’attribuzione della sepoltura a Wahibrameryneith, figlio di Irturu, il cui nome era inciso su vasi canopi già ritrovati nella scorsa stagione. L’importante dignitario, vissuto tra XXVI e XXVII dinastia (inizio del V sec. a.C.), reca tra i titoli quello di “Comandante dei mercenari stranieri” e probabilmente guidava soldati provenienti dall’area dell’Egeo e dell’Asia Minore.
La tomba si trova in un grande pozzo quadrato con i lati di circa 14 metri che, a una profondità di 6 metri, si divide in tunnel secondari. In quello centrale, con orientamento est-ovest e con una base di 6,5 per 3,3 metri, scendendo di altri 16 metri si arriva un doppio sarcofago in pietra (foto in basso). Putroppo la sepoltura è risultata visitata da saccheggiatori probabilmente intorno al IV-V secolo d.C. Il sarcofago esterno parallelepipedo in calcare presenta un incavo in cui è posizionato quello interno antropoide, di 2,3 x 1,9 m, realizzato in basalto. Il pesante coperchio reca iscritto il capitolo 72 del Libro dei Morti ed è danneggiato proprio in corrispondenza del volto. Al suo interno sono stati ritrovati solo un bellissimo scarabeo del cuore anepigrafe (foto in alto) e un amuleto in forma di poggiatesta. Sul lato est, invece, si trovava ciò che rimaneva del corredo funerario ancora nella posizione originaria: due cassette di legno contenenti 402 ushabti in faience, due vasi canopi in alabastro anepigrafi, un modello in faience di un’offerta tavola, dieci vasetti miniaturistici in alabastro e un ostracon in calcare iscritto in ieratico con brevi estratti dal Libro dei Morti.
Un particolare, all’apparenza meno interessante, sottolinea invece le tecniche che gli antichi Egizi utilizzavano per spostare oggetti monumentali. Il doppio sarcofago si trova infatti ancora adagiato su uno strato di sabbia che inizialmente doveva riempire completamente il pozzo e che gradualmente è stato rimosso facendo scendere il pesante reperto fino in fondo.