L’analisi dei vasi dal laboratorio di mummificazione di Saqqara rivela ingredienti da India e Sud-Est asiatico

L'analisi dei vasi dal laboratorio di mummificazione di Saqqara rivela ingredienti da India e Sud-Est asiatico - Djed Medu
Credit: Saqqara Saite Tombs Project, University of Tübingen, Tübingen, Germany; Photo: M. Abdelghaffar

Era stata probabilmente la scoperta archeologica più importante in Egitto del 2018 quella effettuata a Saqqara dalla missione egiziano-tedesca diretta dal compianto Ramadan Hussein (Università di Tübingen): un laboratorio per l’imbalsamazione risalente alla XXVI dinastia (664-525 a.C.). La struttura, situata pochi metri a sud dalla piramide di Unas, era composta da uno spazio multifunzionale in superficie (chiamato ibu), un ambiente sotterraneo per l’eviscerazione (wabet), un pozzo funerario con sepolture multiple per sacerdoti e funzionari e soprattutto un ripostiglio in cui erano stati lasciati gli strumenti utilizzati nel trattamento dei cadaveri (immagine in basso). Tra questi spiccano 121 bicchieri e coppe in ceramica che contenevano gli ingredienti per la mummificazione (foto in alto).

L'analisi dei vasi dal laboratorio di mummificazione di Saqqara rivela ingredienti da India e Sud-Est asiatico - Djed Medu
Source: Nature.com, copyright M. Lang, Universität Bonn

Ora uno studio, recentemente pubblicato su Nature, ha chiarito il contenuto dei vasi fornendo importantissime informazioni non solo sulle tecniche adottate per preparare i defunti nel loro viaggio nell’aldilà ma anche sui rapporti commerciali che l’Egitto intratteneva con paesi lontani anche migliaia di chilometri.

La ricerca si è focalizzata sui 31 vasi su cui si legge meglio l’etichetta, scritta in ieratico o demotico, indicante il prodotto e/o le istruzioni per applicarlo sulle mummie (si legge ad es. “da mettere sulla sua testa”, “bendalo con esso” o “per rendere gradevole il suo odore”). Nello specifico, l’analisi chimica si è basata sulla gascromatografia-spettrometria di massa, tecnica in grado di identificare e quantificare le sostanze organiche del campione. I risultati da un lato hanno confermato nozioni già note, dall’altro hanno fornito dati sorprendenti. Tra gli ingredienti riconosciuti, si annoverano prodotti locali, come grassi animali (di ruminanti) e cera d’api, o comunque derivanti dal commercio con il Mediterraneo, come bitume del Mar Morto, olio d’oliva o di ricino, resine di cedro del Libano, di ginepro, di conifere, di Pistacia (lentisco o terebinto). Altri ingredienti, invece, vengono da molto più lontano e sono riconducibili a piante che crescono in foreste pluviali dell’Africa e perfino del Sud-Est asiatico. Infatti, sono stati identificati anche due tipi di resine esotiche: la gomma dammar delle Dipterocarpacee, famiglia di alberi tipica di una regione che va dall’India meridionale alla Nuova Guinea, e l’olio essenziale di elemi distillato dalle Canarium, angiosperme il cui areale si estende dall’Africa tropicale all’oceano Pacifico occidentale.

Il dato sostanziale della ricerca conferma la portata transoceanica degli scambi commerciali dell’Egitto con l’India e oltre, comunque già attestati dal II millennio a.C. Tale domanda di ricchi prodotti stranieri, assenti nella Valle del Nilo, nasceva dalle loro proprietà antibatteriche, antimicotiche e odorifere, fondamentali per preservare i tessuti umani e a ridurre gli odori sgradevoli. Tuttavia, l’importanza dello studio deriva soprattutto dal fatto che all’analisi chimica è stato possibile affiancare la lettura delle etichette, riuscendo quindi a identificare gli ingredienti di sofisticate ricette usate per specifici trattamenti e a svelare la vera identità di prodotti già noti dalle fonti scritte. Le parole antiu e sefet, ad esempio, erano solitamente tradotte come “mirra/incenso” e “olio sacro” (uno non identificato dei “7 oli sacri”), ma sembrerebbero invece riferirsi rispettivamente a una miscela a base di almeno due oli (cedro e ginepro/cipresso) e grasso animale e a un unguento profumato preparato con grassi e additivi vegetali da Cupressaceae o Burseracae.

L’articolo originale: Rageot M. et al., “Biomolecular analyses enable new insights into ancient Egyptian embalming”, Nature (2023)