Nella Giornata della Memoria, è doveroso menzionare la figura di un ebreo che, in un certo senso, potrebbe essere considerato il padre della scoperta del celeberrimo busto di Nefertiti. È vero che i soldi non sono tutto nella vita, ma questa massima non può essere applicata alle missioni archeologiche che, senza fondi, non sussistono. Così, l’uomo che va ricordato oggi è James Simon, il finanziatore della spedizione di Borchardt.
James Simon (1851-1932) era un berlinese ereditiere di una ricchissima società che si occupava di commercio del cotone. Proprio per formarsi nell’attività di famiglia, fu costretto dal padre ad abbandonare gli studi di filologia classica, ma l’amore verso la storia, l’arte e, in modo particolare, l’archeologia continuò a caratterizzare la sua intera vita.
Considerato uno dei più grandi filantropi e mecenati della storia tedesca, Simon spese circa un quarto del suo patrimonio in attività culturali. E quei soldi gli avrebbero fatto sicuramente comodo visto che, a causa dell’allora crisi economica, dovette vendere i beni restanti, morendo solo in un piccolo appartamento a Berlino.
Nel 1898, fondò la “Deutsche Orient-Gesellschaft” in collaborazione con il direttore dei Musei di Stato di Berlino, Wilhelm von Bode; nel 1911, versò 100.000 marchi alla neonata “Kaiser-Wilhelm-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften”, società che promuoveva l’avanzamento scientifico della nazione; inoltre, donò alla Galleria Nazionale dipinti di Rembrandt, Bellini, Mantegna e diversi reperti medievali e mesopotamici.
Sempre nel 1911, Simon finanziò la missione di Ludwig Borchardt ad Amarna, l’antica capitale di Akhenaton, e, secondo gli accordi stipulati con il direttore del Consiglio delle Antichità Egiziane, Gaston Maspero, divenne il legittimo proprietario della gran parte dei reperti trovati durante gli scavi, compresi il busto di Nefertiti e la testa di Tiye. Ma, nel 1920, donò tutto allo Stato; inoltre, quando l’Egitto chiese ufficialmente la restituzione del busto, Simon si dichiarò favorevole al ritorno in patria del pezzo. Von Bode non acconsentì (tutt’oggi, la polemica tra Egitto e Germania è più che mai accesa su questo argomento) e Simon, per protesta, rifiutò l’invito all’inaugurazione del Pergamon Museum.
La sua generosità non si limitava alla cultura; ad esempio, fece costruire bagni pubblici e case per i bambini disagiati e aiutò migliaia di ebrei tedeschi a emigrare verso l’America e la Palestina. L’avvento di Hitler ci sarebbe stato solo nel 1933, ma l’antisemitismo in Germania, come in gran parte del mondo, era già molto radicato. Ed è stato proprio quest’odio razzista ad aver fatto dimenticare per decenni James Simon, cancellato dai libri di storia per volontà del governo nazista perché ebreo. Quando Hitler divenne cancelliere, la targa di bronzo commemorativa a lui dedicata sulla facciata del Neues Museum venne asportata, ogni riferimento alle sue donazioni fatto sparire e la sua villa, dove conservava le opere d’arte prima delle donazioni, data alle fiamme.
Solo alle soglie del XXI secolo, i Tedeschi hanno deciso di ricordare questo benefattore nel migliore dei modi. Infatti, oltre al piccolo busto collocato nel Bode Museum (dove sono conservati dipinti e sculture medievali donate da Simon), nel 1999, si è deciso di intitolare alla sua memoria la nuova entrata dell’Isola dei Musei, un edificio che facesse da raccordo tra l’Altes, il Neues, l’AlteNationalgalerie, il Bode e il Pergamon; il progetto della James Simon Gallery, però, è stato approvato solo nel 2006 e i lavori sono tuttora in corso.
Gli scavi di Amarna, quindi, non sono l’unica cosa che lega Simon ad Akhenaton: la damnatio memoriae è stata la stessa triste sorte che ha colpito i due a oltre 3200 anni di distanza.