Vero, Falso, Vero, Vero, Falso… No, non sono le risposte di un quiz per la patente ma le diverse interpretazioni che si sono susseguite sull’autenticità del cosiddetto Vangelo della Moglie di Gesù, frammento di papiro su cui si legge: «Gesù disse loro: “Mia moglie […]». Come per ogni scoperta controversa, era prevedibile un batti e ribatti del genere e avevo volutamente scelto di non parlarne finora perché non completamente convinto della notizia e carente delle basi per analizzarla nel modo adatto. Ripeto, finora, perché pare che Christian Askeland (Institut für Septuaginta- und biblische Textforschung, Università di Wuppertal) abbia trovato le prove che inchiodano il “Vangelo” come falso.
Il clamore era iniziato nel 2012, quando Karen L. King (Harvard Divinity School) aveva annunciato la scoperta durante il “Tenth international congress of Coptic studies” proprio a Roma… Apriti cielo! Naturalmente, subito è arrivata la smentita del Vaticano più una serie di commenti scettici da parte di studiosi di tutto il mondo insospettiti dagli errori grammaticali, dall’inchiostro e dal fatto che nessuna lettera sia tagliata dalle fratture (da ignorante nella materia, anche a me era sembrata una coincidenza troppo fortunata). Inoltre, la porzione più importante del testo (evidenziata di rosso nell’immagine: ta-hime, “mia moglie”) sembra volutamente rimarcata con inchiostro più scuro. Altri, invece, meno critici, avevano proposto una traduzione alternativa interpretando la moglie di Cristo come la Chiesa.
La King (qui il suo articolo sull’ultimo numero dell’Harvard Theological Review) dice di essere stata contattata insistentemente dal collezionista proprietario dai primi anni ’80 del papiro che, però, ha voluto mantenere l’anonimato (due stranezze sospette). Un recente studio ha riacceso i riflettori sul GosJesWif datando l’inchiostro tra il IV e l’VIII sec. (risultati dalla Colombia University, Harvard University e Massachusetts Institute of Technology; solo la University of Arizona è arrivata a una datazione precedente alla nascita di Cristo). Quindi il Vangelo è autentico? No. Tali dati non forniscono una sicurezza del 100%. Inoltre, i falsari avrebbero potuto utilizzare un vero papiro e carbone antico per preparare i pigmenti. Sembra infatti che il testo in copto sia la rielaborazione di frasi prese dal “Vangelo di Tommaso”, documento paleocristiano scoperto in Egitto (a Nag Hammadi) nel 1945.
E qui torniamo alla prova definitiva scoperta da Askeland che prende in considerazione un altro testo, il “Vangelo di Giovanni”, versione in dialetto licopolitano del Qau Codex di Cambridge. Il frammento è stato quasi sicuramente acquistato insieme al GJW perché presenta la stessa calligrafia, stesso inchiostro e stesso strumento di scrittura. Anche la datazione del papiro ha portato a risultati molto simili (VII-IX sec.). Ma, in questo caso, lo studioso americano-tedesco ha individuato la fonte a cui il falsario si sarebbe “ispirato”, l’edizione del Qau Codex di Herbert Thompson (“The Gospel of St. John According to the Earliest Coptic Manuscript”, London 1924). Come si può vedere nella comparazione elaborata da Alin Suciu, corrisponde anche la ripartizione delle linee:
Il GJW, invece, come detto, è la copia rielaborata della pubblicazione in PDF del 2002 di Micheal Grondin del “Vangelo di Tommaso”. In conclusione, sembra che si sia in presenza di un gruppo di falsi realizzati da esperti burloni che hanno preso spunto da documenti realmente esistenti (un po’ come è successo con il “Papiro Tulli” e l’inquietante narrazione di presenze extraterrestri nel cielo che, invece, si è rivelata una bufala costruita con gli esercizi dell’Egyptian Grammar di Gardiner e che è stata sbugiardata da Franco Brussino nella community di egittologia.net). Naturalmente, quest’articolo semplifica molto la questione perché esistono altre motivazioni filologiche e paleografiche che, per chi volesse approfondire, si trovano nei link segnalati nel post.