Google Earth contro i tombaroli

Google Earth contro i tombaroli - Djed Medu

Ancora una volta, la tecnologia potrebbe aiutare la protezione delle vestigia del passato, ma con alcune perplessità… Sarah Parcak, “space archaeologist” presso l’Università dell’Alabama, ha presentato un progetto finanziato dalla National Geographic Society che consiste nel monitoraggio di oltre 4000 siti egiziani tramite immagini satellitari. Queste foto, scattate in orbita a oltre 700 km di altezza e messe a disposizione da Google Earth, servirebbero a valutare l’entità dei danni causati dagli scavi illegali e a controllare i cambiamenti nel corso degli anni (nell’immagine, la situazione di Dashur Sud nel 2011 e nel 2013). Questo sistema, unito a scansioni a infrarossi fornite dalla NASA, aveva permesso di individuare nel 2011, tra Tanis e Giza, 17 piramidi, 1000 tombe e altre 3100 strutture ancora sconosciute, anche se si attende la certezza che può arrivare solo scavando nell’area. Tale strumento sarebbe utile anche per le case d’asta per recepire maggiori informazioni riguardo ai reperti  messi in vendita.

Ma veniamo alle perplessità già anticipate. Senza un’attività sul territorio, il monitoraggio dall’alto non può di certo bloccare i tombaroli nell’immediato. Come purtroppo è noto, in Egitto c’è stata un’impennata dei reati legati al mercato nero di antichità proprio per la mancanza del controllo della polizia e degli ispettori del ministero che, anzi, a volte si ritrovano invischiati in attività illecite. In più, i dati presi dalla ionosfera non sono sempre attendibili se non li si integra con indagini sul campo, altrimenti si incappa in bufale come quella della presunta scoperta, subito smentita, di nuove piramidi ad Abu Sidhum e a Soknopaiou Nesos. In quel caso, semplici formazioni naturali con qualche struttura antica erano state interpretate come piramidi da Angela Micol, che non è né archeologa né geologa, visionando le immagini di Google Earth. La cosa triste è che, come troppo spesso accade tra blogger e giornalisti, la notizia fu riportata anche su quotidiani nazionali senza alcuna verifica sull’attendibilità.