Prima di presentare il film, questa volta voglio farvi notare la splendida locandina di Richard Amsel, illustratore che ha realizzato, tra le altre, anche quelle di “Apocalypse Now”, “La Stangata”, “Superman” e “Indiana Jones e i Predatori dell’Arca Perduta“; un vero artista le cui opere pop sono esposte anche presso la National Portrait Gallery di Londra.
Torniamo a noi. “Assassinio sul Nilo” è un classico del cinema giallo del 1978, diretto da John Guillermin (diventato famoso per il remake di “King Kong”) e ispirato al romanzo di Agatha Christie, “Poirot sul Nilo” (il titolo originale è “Death on the Nile”). La scrittrice britannica ambientò molti dei casi del celeberrimo investigatore belga in luoghi esotici orientali; non a caso. Infatti, aveva sposato in seconde nozze un archeologo, Max Mallowan (apprendista di Leonard Woolley nel sito di Ur), che accompagnò nelle campagne in Siria e Iraq (a sinistra, i due si trovano proprio in Egitto). A lei stessa viene attribuita la celebre frase «un archeologo è il marito migliore che una donna possa avere: più lei invecchia, più lui la troverà interessante». In questo caso, le indagini di Poirot hanno come sfondo le affascinanti terre che si affacciano sul Nilo, dal Cairo fino al Sudan. La scenografia è, di fatto, la cosa più bella del film con scorci di deserto e di siti archeologici che s’inseriscono tra un delitto e l’altro. Per il resto, la pellicola non è memorabile, nonostante abbia ricevuto un premio oscar per i costumi e si possa fregiare delle musiche di Nino Rota (compositore del “Padrino” e di “Amarcord”) e di un cast stellare con grandissimi attori come Peter Ustinov (Hercule Poirot), David Niven, Mia Farrow, Bette Davis e, rimanendo in tema, la “Signora in giallo” Angela Lansbury.
La trama ruota intorno alle indagini di Poirot e, quindi, è sfiorata solo marginalmente da ciò che riguarda la civiltà egizia dandomi modo, per questa volta, di segnalare gli errori, pochi a dir la verità, senza fare troppi spoiler.
Siamo negli anni ’30 e la giovane ereditiera inglese Linnet Ridgeway sposa il bello e squattrinato Simon Doyle rubando letteralmente il fidanzato all’amica Jacqueline De Bellefort. I due decidono di fare una crociera sul Nilo come viaggio di nozze e, come sempre per i film ambientati in Egitto, le prime inquadrature riprendono la piana di Giza, la Grande Piramide e la Sfinge. I neo-sposini cavalcano tra le rovine e si arrampicano sulla piramide di Micerino (hanno scelto la più bassa, pigri…), ma vengono interrotti da Jacqueline in cerca di vendetta che fornisce alcune misure sbagliate della struttura (altezza di 68 m invece dei 65,5 originali o dei 62 attuali e la base di 118,5 al posto di 103,5). Devo essere pignolo perché non ci sono molti blooper. In ogni caso, già al Cairo cominciamo a conoscere i personaggi e futuri indiziati/vittime che, per un motivo o l’altro, sembrano tutti odiare l’antipatica Linnet.
La compagnia, che comprende anche il detective, prende il battello a vapore Karnak che dovrebbe partire dalla capitale, ma alle spalle dell’imbarcadero si vede chiaramente il bel palazzo vittoriano dell’Old Cataract Hotel di Assuan (nell’immagine in alto a sinistra), oltre 800 km più a sud. La prima tappa del viaggio corrisponde a Luxor, dove il gruppo visita il tempio di Karnak (a destra si vede il portico di Sheshonq I nella Grande Corte e le criosfingi di Amenofi III). Durante la passeggiata, Poirot osserva attento i comportamenti di tutti e stuzzica l’avvocato Pennington, interessato al denaro della Ridgeway, raccontandogli una storia completamente inventata sull’antico Egitto: il Gran Visir Takotep sarebbe stato giustiziato sotto il peso di mille monete d’argento perché si era appropriato dei beni del faraone. Nella Grande Sala Ipostila (che il dott. Bessner, controverso medico svizzero, data erroneamente al 1788 a.C., quando, invece, la struttura venne iniziata da Hatschepsut, circa 300 anni dopo), avviene il primo tentativo di omicidio, ma il masso lanciato dalla cima di una colonna non riesce a colpire la coppia di sposi che, ripresisi dallo spavento, decidono di arrivare al tempio di Abu Simbel in serata. E’ ovvio che, senza un’aereo privato, l’intenzione sarebbe stata impossibile da realizzare negli anni ’30 perché il sito è distante 470 km in linea d’aria da Luxor, ma Linnet e Simon arrivano comunque al cospetto delle statue colossali di Ramesse II, in tempo per sentir “parlare” il colosso di destra. Evidentemente, gli sceneggiatori si erano confusi con i Colossi di Memnone, le due statue del tempio funerario di Amenofi III a Kom el-Hettan che, secondo la leggenda, all’alba (e non al tramonto) emettevano strani lamenti. Rispunta di nuovo Jacqueline con i suoi dati imprecisi: larghezza della facciata 26 m (in realtà 33 ) e altezza delle statue 22,5 (20).
Nella notte, il battello riparte verso Wadi Halfa, città del Sudan del nord oggi sul Lago Nasser, ma Linnet viene uccisa con un colpo di pistola alla tempia. Al contrario di quello che dice il titolo italiano, non sarà l’unico omicidio, così Poirot inizia le indagini aiutato dall’amico colonnello Race. Ogni mistero è dipanato e, come da tradizione, tutti i sospettati vengono convocati in una stanza dove l’investigatore spiega gli indizi e i ragionamenti che lo hanno portato a capire che il colpevole è… beh, guardatevi il film per saperlo.