Quest’articolo parlerà di un museo che non ho mai visitato. Poco male, internet è pieno di gente che scrive di cose che non conosce. Naturalmente scherzo. Pur volendo, non posso recarmi in ogni collezione egittologica d’Italia perché, come abbiamo visto, le si può trovare ovunque. Così, mi piacerebbe che anche chi segue il mio blog possa contribuire alla rubrica inviandomi la propria esperienza e la recensione delle piccole esposizioni di zona (se non si fosse capito, è un invito che vi faccio!). Questa volta, lascerò spazio a una persona di cui mi fido ciecamente. L’autrice del pezzo e delle foto che lo accompagnano è Julie Santoro, studentessa di egittologia nonché mia amica. Buona lettura.
Fiesole, che dai suoi 300 metri s.l.m. domina con una vista mozzafiato la città di Firenze, non è soltanto la Faesulae romana protagonista degli antagonismi che dal 91 a.C. caratterizzarono la guerra sociale. Questa cittadina fu, infatti, già un importante centro etrusco durante il IV sec a.C. e la sua storia, che si intreccerà in seguito con quella delle invasioni barbariche, si legherà anche alle vicende longobarde, in un periodo, quello altomedioevale, durante il quale i vescovi di Fiesole andarono acquisendo prestigio e potere. Un percorso storico-culturale durato secoli le cui testimonianze si conservano oggi nel Museo Archeologico di Fiesole ubicato all’interno dei 35.000 mq del sua suggestiva Area Archeologica.
Questa città può, però, offrire qualche ulteriore piacevole sorpresa. In una posizione panoramica, laddove un tempo sorgeva l’antica rocca etrusca, si trova, infatti, il complesso conventuale di San Francesco, il cui primo nucleo risale al 1125 e presso il quale, intorno al 1390, si stabilirono i frati Francescani Osservanti. Il complesso, visitabile nella sua interezza, attualmente comprende, oltre la chiesa, i tre chiostri e le celle dei frati (che nel 1418 ospitarono San Bernardino da Siena) e un piccolo Museo Etnografico.
Il primo nucleo di questa collezione nacque quando, agli inizi del XX sec., alcuni lavori di ripristino riportarono alla luce un certo numero di reperti archeologici di vario genere che Padre Cristoforo Giani ebbe la sensibilità di raccogliere insieme ad altri rinvenuti nel pozzo dell’orto del convento.
In realtà, un vero e proprio museo vide la luce solo qualche tempo dopo, quando, nel 1920, Padre Ambrogio Ridolfi venne destinato a questo convento e portò con sé alcune antichità cinesi inviate, sul finire dell’Ottocento, al Convento di Santa Margherita a Cortona (AR). Nel tempo, a questi cimeli se ne aggiunsero altri, sempre provenienti dalla Cina, inviati da altri confratelli impegnati come missionari in quelle terre lontane.
Parallelamente a questa raccolta proveniente dall’estremo oriente, grazie alla cooperazione fra Padre Sebastiano Bastiani (1891-1974) e Ernesto Schiapparelli (1856-1928), direttore dal 1881 al 1893 della sezione egizia del Museo Archeologico di Firenze e dal 1893 fino alla sua morte del Museo Egizio di Torino, se ne costituiva un’altra di antichità provenienti dall’Egitto.
Fra i vari oggetti di questa piccola collezione, che conta diversi amuleti, alcuni ushabti, una maschera in cartonnage di epoca romana (vedi in alto) e alcune statuette di epoca tarda, un reperto spicca fra gli altri. Infatti, come ogni collezione egiziana che si rispetti, anche quella del Museo Missionario di Fiesole ha la sua mummia.
In un sarcofago di ignota provenienza, il cui studio tipologico ha però permesso di ipotizzarne l’attribuzione alla XXV dinastia (747-664), è collocato un corpo avvolto in bende. Uno studio antropologico non invasivo della mummia effettuato nel 2007 all’interno dei locali dello stesso Museo dal Prof. Matteo Borrini (antropologo forense), dal Dott. Pier Paolo Mariani (archeologo e antropologo) e dal Dott. Massimo Rossini (medico radiologo), ha permesso di stabilire, attraverso l’analisi morfometrica del distretto pelvico e del cranio, il sesso del defunto che, nonostante il tipico appellativo femminile di nb.t pr (=“Signora della casa”) presente sul sarcofago, era in realtà un uomo morto fra i 25 e i 40 anni. È dunque possibile che questa mummia sia stata associata ad un sarcofago che non le apparteneva per fini legati a esigenze prima commerciali e poi museali (il periodo in cui la collezione si è formata non è lontano da quell’epoca durante la quale fare archeologia era, nella migliore delle ipotesi, rispondere unicamente a delle necessità di tipo collezionistico-antiquario, senza alcuna riflessione sulla metodologia scientifica), ma è anche possibile che si sia in presenza di una pratica lungamente attestata in Egitto come quella del “riutilizzo” e che questa strana coppia mummia-sarcofago sia stata il frutto di un’azione compiuta in antico. In ogni caso, l’individuo presenta una massiccia, precoce perdita dentaria, un’evidente degenerazione artrotica coxo-femorale sul lato sinistro ed evidenti esiti di periartrite della scapola destra. L’esame radiologico ha permesso di stabilire che il soggetto venne bendato con le braccia distese lungo i fianchi e che subì ablazione del cervello tramite sfondamento dello sfenoide. Inoltre, nella parte posteriore del bendaggio, era presente un foro, chiaro indizio del tentativo di accedere agli amuleti collocati all’interno della cavità toracica da parte dei ladri.
BIBLIOGRAFIA:
BORRINI M., MARIANI P.P., ROSATI G., ”Autopsia virtuale di due mummie egizie delle collezioni fiorentine: un’analisi antropologica preliminare”, in AAVV, 1961-2011: Cinquant’anni di congressi, passato, presente e futuro dell’Antropologia, vol. 2, Torino 2011, pp. 106-107.
BORRINI M., MARIANI P.P., ROSATI G., “Skeletal trauma by modern profanations on Egyptian mummies from Florentine colletion”, in 1st Mummy congress “Mummies and life sciences” abstract book, Bolzano 2009.