(Premetto subito che mi sto avventurando in un campo molto tecnico che esula dalle mie competenze quindi mi scuso per eventuali inesattezze).
Che gli antichi Egizi fossero ottimi osservatori degli eventi celesti era cosa assodata, ma un recente studio sposta l’asticella un po’ più in là. In realtà, Lauri Jetsu e Sebastian Porceddu (Dip. di Fisica della University of Helsinki) avevano già espresso questa teoria nel 2013, ma una loro nuova pubblicazione sembrerebbe confermarla: in un papiro ramesside scoperto a Deir el-Medina (Cairo 86637, vedi immagine), ci sarebbe la prima documentazione relativa a una stella binaria a eclisse. Il testo in ieratico è tra i Calendari egizi meglio conservati e suddivide i giorni dell’anno (classica ripartizione in tre stagioni, 12 mesi di tre settimane di 10 giorni, più 5 “epagomeni”) in “buoni” e “cattivi”. Praticamente, tenendo in considerazione la concezione ciclica del tempo, un modo per capire in anticipo se fosse o no il caso di uscire di casa! Queste previsioni, fatte tre volte per ogni giorno (quindi, nel corso delle 24 ore, si potevano incontrare momenti positivi o negativi), erano influenzate da credenze religiose ed eventi astronomici. Lo scopo della ricerca finlandese è proprio verificare se le azioni delle varie divinità potessero coincidere con fenomeni realmente esistenti.
Grazie a calcoli statistici, si è visto che periodi particolarmente fausti si ripetono spesso ogni 29,6 e 2,85 giorni, rispettivamente in connessione con Seth e Horus. Se il primo intervallo di tempo è facilmente identificabile con il mese lunare, il secondo ha richiesto maggiori approfondimenti fino all’identificazione con la variabilità di Algol, detta anche β Persei. Il sistema appartiene alla costellazione di Perseo ed è composto da due stelle tra cui quella principale, Algol A, viene eclissata ogni 2,867 giorni da quella secondaria, Algol B (in realtà, attorno al comune centro di massa, ruota anche una terza stella, Algol C). Il conseguente calo di luminosità dura circa 10 ore ed è visibile a occhio nudo. Il papiro, quindi, descriverebbe il fenomeno quasi 3000 anni prima della sua scoperta ufficiale attribuita a Geminiano Montanari (1667) e del calcolo del periodo di John Goodricke (1783). La discordanza di misurazione di 0,017 giorni è stata spiegata con un trasferimento di massa negli ultimi millenni tra i due componenti del sistema stellare.
Una conoscenza più antica della variabilità, però, potrebbe essere suggerita dall’etimologia del nome stesso di Algol che deriva dall’arabo “al-Ghul”, un demone della tradizione islamica, e che ne indicherebbe la natura “irrequieta”.
http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0144140