(*A scanso di equivoci, il nome della rubrica contiene volutamente un errore ortografico per sottolineare il carattere a dir poco ridicolo di alcune notizie riguardanti l’Egitto che circolano nel web e non solo)
Dopo aver avuto il piacere di intervenire sul n° 287 di Focus (settembre 2016), intervistato da Maria Leonarda Leone sulla maledizione di Tutankhamon, colgo l’occasione per approfondire il discorso parlando di un’altra leggenda metropolitana che riguarda antico Egitto e superstizioni. Sì, perché, ancor prima della scoperta della KV62 e della conseguente ‘tutmania’, circolavano già storie su misteriose morti da imputare all’influenza maligna delle centinaia di mummie egizie arrivate nell’Inghilterra vittoriana.
Una di queste è ancora ricordata con l’appellativo di “Unlucky Mummy” e si trova nella Sala 62 del British Museum (n° inv. EA22542). In realtà, non è un corpo mummificato ma un falso coperchio (tavola che andava direttamente sulla mummia) appartenuto a una donna della XXI dinastia (950 a.C. circa) e donato al museo nel luglio 1889 da Mrs. Warwick Hunt a nome di Arthur Wheeler. Non si conosce il nome della defunta, anche se, guardando la fattura dell’oggetto, è probabile che appartenesse a un’alta classe sociale. In ogni caso, nei primi cataloghi del British, è indicata come sacerdotessa di Amon-Ra. A incutere timore nei londinesi dell’epoca era soprattutto l’espressività del volto della maschera che fece nascere una serie di superstizioni e dicerie sulla presunta cattiva sorte toccata a tutti coloro che, per un motivo o l’altro, erano venuti a contatto con il reperto; voci che incuriosirono Bertram Fletcher Robinson, giornalista del Daily Express e amico/collaboratore di Sir Arthur Conan Doyle (curioso notare come siano nate leggende anche sul rapporto tra i due secondo le quali il padre di Sharlock Holmes avrebbe copiato il romanzo “Il mastino dei Baskerville” a Robinson e poi avrebbe avvelenato il vero autore per coprire il misfatto).
Robinson passò anni a raccogliere materiale da pubblicare sulle colonne del quotidiano per cui lavorava e continuò anche dopo il 1904, quando passò a Vanity Fair. Purtroppo, però, non riuscì a completare la sua inchiesta perché morì a soli 36 anni, il 21 gennaio 1907. La causa dell’improvviso decesso fu una febbre tifoide che portò a peritonite, ma Doyle, spiritista convinto, l’attribuì a uno spirito elementale intrappolato nel coperchio (spiegazione che userà successivamente anche per la maledizione di Tutankhamon). Fra l’altro, lo scrittore stesso aveva compiuto ricerche presso il British Museum nel 1891 per il suo racconto breve “Lot No. 249” in cui una mummia si risveglia a Oxford dopo la lettura di una formula magica su un papiro.
L’attenzione mediatica provocata dalle parole di Doyle convinse l’editore del Pearson’s Magazine, proprietario anche del Daily Express, a riprendere gli appunti di Robinson (nella foto qui accanto) e a farli riscrivere da G. Russel nell’agosto del 1909 (in alto a sinistra, l’iconica copertina del numero): intorno alla metà degli anni ’60 del XIX secolo, 5 ricchi britannici intraprendono un viaggio lungo il Nilo fino ad arrivare a Luxor dove sarebbe stato scoperto il coperchio. Già in Egitto, uno dei componenti della spedizione sparisce nel deserto e a un altro viene amputato il braccio per un colpo di pistola accidentale. Tornati in Inghilterra, un terzo uomo riceve un altro proiettile e l’anonimo Mr. W. (il Wheeler che donò il pezzo al British?), venuto in possesso del reperto, si accorge di aver perso gran parte dei suoi averi e muore poco dopo. Lo sfortunato oggetto passa alla sorella che, a sua volta, subisce gravi perdite finanziarie pur non credendo alla maledizione. Ma, dopo la morte dell’amico fotografo che aveva immortalato nella maschera il volto di una donna vivente e dopo che la celebre chiaroveggente Madame Helena Blavatsky aveva percepito una presenza malvagia, Mrs. W. si convince a cedere il coperchio al museo londinese. Perfino il trasferimento fa le sue vittime, con i due poveri facchini che ci lasciano le penne durante il trasporto della cassa. Appare ovvio che si trattasse di un mucchio di congetture non verificabili per mancanza di nomi e dati oggettivi.
Tuttavia, la storia non finisce qui intrecciandosi, 3 anni dopo, con la tragica vicenda del Titanic. Poco dopo il naufragio, infatti, quotidiani e riviste riportarono la notizia secondo la quale l’Unlucky Mummy sarebbe stata nella stiva del transatlantico, imbarcata da un archeologo americano. Successivamente, il coperchio, messo su una scialuppa di salvataggio e portato negli USA, sarebbe finito su un’altra nave protagonista di un grave incidente, il piroscafo inglese Empress of Ireland affondato il 29 maggio 1914 con oltre 1000 vittime. Insomma, un po’ troppo anche per l’internauta più fantasioso, ma i giornali dell’epoca (e non solo) approfittavano spesso della curiosità morbosa e della credulità dei lettori.
Questo improbabile collegamento nacque a causa delle credenze esoteriche di William T. Stead, giornalista che perse realmente la vita sul Titanic. Stead, durante le cene sul transatlantico, intratteneva i commensali con racconti di mummie e maledizioni, alcuni dei quali vissuti in prima persona. Come quella volta in cui, invitato a casa di amici per vedere il loro nuovo ‘acquisto’ d’antiquariato, avrebbe assistito all’esplosione di rabbia di uno spirito maligno, uscito dall’ormai noto sarcofago poi finito al British, che avrebbe infranto tutti i vetri della stanza e che avrebbe portato malattie e sfortuna tra i presenti. Uno dei sopravvissuti al naufragio, poi, rilasciò un’intervista al New York World riportando come vere proprio queste storie e ipotizzando l’influenza negativa della sacerdotessa di Amon-Ra sulla tragedia.
Bufale simili continuarono a propagarsi nel mondo per anni, tanto da costringere nel 1934 (ben 22 anni dopo; ma, d’altronde, c’è ancora chi ci crede ora…) Sir Wallis Budge, curatore della sezione egizia e assira del British dal 1894 al 1924, a scrivere: «[…] no mummy which ever did things of this kind was ever in the British Museum. […] The cover never went on the Titanic. It never went to America». Effettivamente, l’Unlucky Mummy non ha mai lasciato Londra fino al 1990, quando fu prestata per una mostra temporanea in Australia, e poi nel 2007 per un evento a Taiwan. Inutile aggiungere che, in entrambi i casi, non è stato riscontrato alcun incidente durante il trasporto.