“L’Egitto di Provincia”: Museo Archeologico Paolo Giovio, Como

"L'Egitto di Provincia": Museo Archeologico Paolo Giovio, Como - Djed Medu

.Dopo mesi, torna finalmente “L’Egitto di Provincia”, la rubrica in cui descrivo le piccole collezioni egizie sparse per l’Italia e non solo. Questa volta, però, lascio la tastiera a un’altra persona perché si parlerà di un museo che non ho ancora visitato. L’autrice dell’articolo è Jessica Lombardo, una mia cara collega con cui ho condiviso gli studi universitari a Pisa, uno scavo a Luxor e il conseguente travagliato ritorno in patria (eravamo finiti nel bel mezzo della “Rivoluzione di gennaio” del 2011)! Attualmente, Jessica si occupa di percorsi guidati e didattica in alcuni musei archeologici della Lombardia.

Buona lettura!

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Il Museo Civico Archeologico di Como nasce poco tempo dopo l’unificazione d’Italia, nel 1861. I reperti raccolti in tale occasione sono oggi esposti presso Palazzo Giovio che fa da cornice a una  sequenza di collezioni, tra cui quella egizia, che testimoniano la passione per l’antico, protagonista del 19° secolo. Insieme a reperti preistorici, protostorici,  mesopotamici, precolombiani, greci e romani, una piccola ma interessante collezione egizia giunse qui nel 1905, anno della scomparsa, a 85 anni, del collezionista di Cantù Alfonso Garovaglio. La sua passione per l’archeologia lo condusse, come di consueto accadeva a quei tempi, a intraprendere un viaggio in Egitto nel 1869 in compagnia dell’amico e senatore Pippo Vigoni. Il viaggio fruttò alla collezione di Alfonso Garovaglio diversi pezzi, da lui selezionati e raccolti in quanto apparsi rari, importanti o semplicemente curiosi ai suoi occhi di europeo. Di essi non abbiamo purtroppo informazioni circa il luogo di ritrovamento o la modalità di acquisizione: in quanto privi di contesto, gli oggetti sono dunque da classificarsi come di “provenienza sconosciuta” (ad esclusione di alcuni rarissimi casi, come il frammento di faience n°A7, accompagnato dalla dicitura “Dendera 1869”).

img_4731Un caso a sé è costituito dal sarcofago in cartonnage (immagine a sinistra) e dalla relativa mummia della defunta Isiuret, acquisiti dal Garovaglio nel 1887: i reperti erano stati precedentemente conservati con scrupolosa cura dalla famiglia di Baldassarre Valerio, il quale li aveva a sua volta ricevuti in dono nel 1819 dal Khediveh d’Egitto Mohammed Ali. Nonostante il dono fosse accompagnato dall’indicazione “una di cinque [mummie] che egli ha fatto estrarre dalle Piramidi di Menfi”,  pare chiaro che si debba fare riferimento ad un ritrovamento di area tebana in base a titoli evidentemente significativi di quel contesto, quali:

  • Suonatrice di sistro di Amon-Ra (titolo attestato a partire dalla XXII dinastia);
  • Cantatrice del coro di Mut, la Grande, la Signora di Asceru;
  • la venerabile Signora della Casa (l’attributo “venerabile” è attestato in questa titolatura soprattutto durante la XXII dinastia;
  • Balia di Khonsu fanciullo.

Oggi una ricostruzione a grandezza naturale di Isiuret sorveglia la collezione da un angolo della stanza. Le vetrine circostanti testimoniano il gusto del collezionista, maggiormente attratto dall’aspetto religioso-funerario della cultura egizia: vasi canopi, ma soprattutto ushabti, amuleti, statuette di divinità che non scarseggiano certo in quanto a numero di esemplari (testimoni di una produzione “seriale”), ma in quanto a dati circa la provenienza e l’originario contesto archeologico e storico, mancanza alla quale purtroppo è difficile oggi sopperire. Alla luce di questi fatti, la collezione è stata disposta tenendo conto della destinazione d’uso degli oggetti, della loro funzione e del loro ordinamento cronologico, offrendo così inoltre al visitatore uno strumento utile di didattica e di apprendimento.

Jessica Lombardo

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