“L’ho visitata e non mi è piaciuto niente ad eccezione del sarcofago”.
Non è una recensione scritta da un visitatore deluso su Trip Advisor ma una delle oltre 1000 iscrizioni incise sulle pareti della tomba di Ramesse VI (1144-1136). Un team di archeologi polacchi, diretti da Adam Łukaszewicz (Università di Varsavia), ora le sta documentando per studiare la storia ‘turistica’ dell’ipogeo negli ultimi 2000 anni. Infatti, la sepoltura – checché ne dica l’autore della frase riportata all’inizio, una delle più belle della Valle dei Re – era meta già in antichità di stranieri curiosi che spesso lasciavano una testimonianza del loro passaggio. Come purtroppo succede ancora oggi, evidentemente anche in passato si sentiva il bisogno di incidere la propria firma, spesso corredata di luogo di origine e occupazione. La spettacolare decorazione della KV9 comprende scene tratte da Libro dei Morti, Libro delle Caverne, Libro delle Porte e altri testi funerari, tra cui, per l’appunto, è possibile notare un alto numero di graffiti che vanno dal periodo greco-romano al XIX secolo. Ovviamente, gli autori delle firme appartenevano a classi sociali elevate; compaiono i nomi di filosofi greci, prefetti romani, viaggiatori europei o, addirittura, quello di Amr ibn al-As, il conquistatore arabo dell’Egitto bizantino (640) che, fra l’altro, ha lasciato l’iscrizione più appariscente.
Non mancano nemmeno dialoghi a distanza tra diversi visitatori come il caso in cui qualcuno, alla sconsolata affermazione “Non riesco a leggere i geroglifici”, ha risposto più disincantatamente: “Perché t’importa che non riesci a leggere i geroglifici? Non capisco la tua preoccupazione”.