A Dairut Banub, piccolo villaggio del governatorato di Assiut (Medio Egitto), due fratelli sono stati sorpresi mentre effettuavano scavi illegali sotto la loro abitazione in cerca di antichità da rivendere. Nella profonda buca scavata, insieme a diversi frammenti architettonici, è stato recuperato un pezzo di stele di calcare (165 x 60 x 20 cm; oltre 200 kg) la cui iscrizione geroglifica non lascia dubbi su origine e importanza.
Il luogo dove doveva trovarsi l’oggetto è 17 km più a nord, nella provincia di Minya: Tell el-Amarna. Il frammento, infatti, reca il nome dell’antico nome del sito, Akhetaton (“L’Orizzonte di Aton”), più altre indicazioni geografiche che lo identificano con certezza come parte di una delle Stele di confine della capitale di Akhenaton (1351-1333 a.C.). Questi segnacoli servirono al faraone “eretico” per delimitare – e, di conseguenza, rendere sacra – un’area disabitata dove fondare la sua nuova città e spostare la corte da Tebe. Finora, sono state individuate 15 stele, tre sulla riva occidentale (A, B, F) e 12 su quella orientale (H, J, K, M, N, P, Q, R, S, U, V, X; la Stele L sembra essere solo un riassunto della M) indicate da Flinders Petrie con le lettere dell’alfabeto (immagine in basso). Il celebre egittologo britannico ebbe comunque l’intuizione di lasciare spazi vuoti per futuri ritrovamenti che si sono effettivamente verificati con la Stele X (1901) e H (2006). All’interno di spazi rettangolari con la sommità arrotondata, lo schema classico vede una scena di adorazione del disco solare da parte di Akhenaton, Nefertiti e le loro figlie e diverse righe di testo geroglifico con i decreti di fondazione della città, scritti nel 5° e 6° (con un’integrazione nell’8°) anno di regno. Purtroppo, molte stele sono in pessimo stato di conservazione a causa dell’opera di erosione degli agenti atmosferici e dei danni provocati dai tombaroli. Non stupisce, quindi, che di alcune stele rimanga traccia solo nelle pubblicazioni scientifiche degli studiosi (N. de G. Davies, The Rock Tombs of El Amarna V, 1908; W.J. Murnane e C.C. van Siclen III, The Boundary Stelae of Akhenaten, 1993). L’esempio più eclatante è quello della Stele S, l’esemplare più pregevole del gruppo fino a pochi decenni fa, che è stata fatta letteralmente saltare in aria nel tentativo di staccarne frammenti con l’esplosivo. Niente ha potuto, ironia della sorte, nemmeno il giuramento di Akhenaton al padre divino: “L’iscrizione non verrà cancellata, non verrà lavata via, non verrà scalpellata, non verrà intonacata, non sparirà. Se dovesse sparire, sbriciolarsi, se la stele la porta dovesse cadere, allora io la ripristinerei di nuovo, in questo stesso posto dove si trova”.