(*A scanso di equivoci, il nome della rubrica contiene volutamente un errore ortografico per sottolineare il carattere a dir poco ridicolo di alcune notizie riguardanti l’Egitto che circolano nel web e non solo)
Tornato in Italia dall’Egitto, volo in picchiata con le “Bufale eGGizie” e con uno degli OOPart (Out Of Place ARTifacts) più famosi, tirato spesso in ballo da chi è convinto che i fratelli Wright siano stati anticipati di millenni: l’uccello di Saqqara.
Questo piccolo falco in legno di sicomoro, attualmente conservato presso il Museo Egizio del Cairo (JE 6347), nonostante le sue dimensioni ridotte (lunghezza 14,2 cm; apertura alare 18,3 cm; peso 39,12 g) è considerato da alcuni il modello di un velivolo, di un aliante per la precisione. La forma affusolata, le ali spiegate, la coda posizionata in verticale sarebbero tutti accorgimenti progettati consapevolmente per fornire all’oggetto la capacità di planare. Il primo a formulare quest’ipotesi fu nel 1969 Khalil Massiha, professore di Anatomia Artistica presso l’Università cairota di Helwan e membro dell’Egyptian Areonautical Club – quindi né un egittologo né archeologo come indicato su alcuni siti web -, che poi pubblicò la sua idea in un volume pseudostorico afrocentrico (“African Experimental Aeronautics: A 2,000-Year-Old Model Glider” in Van Sertima I., “Blacks in Science: Ancient and Modern”, 1983, pp. 92-99). Per avvallare la sua teoria, basandosi solo su foto, scrisse che la superficie era liscia senza alcuna decorazione che rimandasse alle zampe e alle piume del pennuto, che imperfezioni e asimmetrie della foggia erano dovute all’usura del tempo (curioso costatare che, quando invece c’è da segnalare una corrispondenza di misure, gli oggetti rimangono uguali al micron anche dopo millenni) e soprattutto che un modellino costruito da lui stesso si sarebbe librato in aria per alcuni metri dopo essere stato lanciato a mano. Un esempio perfetto di archeologia sperimentale, direi… peccato che, senza contare l’utilizzo di un legno diverso e l’aggiunta arbitraria di un’ala di coda, anche gli aeroplanini di carta volano. In conclusione, Massiha era sicuro che l’uccello di Saqqara fosse un modellino di un aereo, simile a un Hercules, ancora sepolto nelle sabbie del sito.
Come si può intuire dal nome, infatti, il reperto fu scoperto nel 1898 a Saqqara Nord, in una tomba tolemaica risalente al III sec. a.C. (nell’immagine in alto, viene elencato nell’inventario del Museo di Giza, quando quello di Piazza Tahrir ancora non esisteva). E come giustamente è riportato, le tracce di pittura ci sono: non solo gli occhi ancora oggi evidenti ma anche il resto del piumaggio che originariamente doveva apparire come quello di un normalissimo rapace. Purtroppo sono pochi e confusi i dati sul contesto del ritrovamento che sembra sia stato effettuato dall’egittologo francese Victor Loret, all’epoca direttore generale delle Antichità Egiziane. Per questo è difficile interpretare il reale utilizzo dell’uccello: giocattolo per bambini, statuetta rituale di Horus o una banderuola per il vento? Quest’ultima ipotesi si fonda sull’osservazione di rappresentazioni simili, come quelle in alcuni rilievi che mostrano la processione sul Nilo durante la festa Opet nel Tempio di Khonsu a Karnak. In particolare, la seguente fu realizzata sotto il Primo Profeta di Amon, Herihor (1080 a.C. circa). Tuttavia, le dimensioni ridotte dell’oggetto fanno propendere più per la prima opzione.
Se è arduo dire cosa fosse in realtà l’Uccello di Saqqara, è molto più semplice scartare quello che non era: un aliante. Ma andiamo per ordine. Già nel 1971, il clamore provocato dalle affermazioni di Massiha spinse il Ministero egiziano della Cultura a nominare una commissione tecnica che, senza alcun esame scientifico, confermò l’aerodinamica del reperto, da allora ribattezzato “l’aereo del faraone”. Nel 2006, invece, in un documentario di History Channel, che da sempre sguazza nella fantarcheologia, una riproduzione per niente fedele (fatta di balsa e di nuovo con l’aggiunta di un piano orizzontale sulla coda) è stata testata in una galleria del vento e con simulazioni di volo che hanno registrato prestazioni degne di un jet (cit.). Conclusioni diametralmente opposte a quelle a cui era arrivato nel 2002 Martin Gregorie, progettista dall’esperienza trentennale che appurò quanto le ali fossero irregolari – addirittura una più lunga dell’altra – e che, senza modifiche alla coda, il volo sarebbe stato completamente instabile. E anche con l’aggiunta di uno stabilizzatore, le prestazioni di planata sarebbero state comunque molto scarse (qui il link al suo studio con dati tecnici più accurati).
Torniamo quindi al solito ragionamento sulla pareidolia: vediamo nelle forme casuali quello che vogliamo o che siamo abituati a vedere. Massiha riconobbe un aereo nell’uccello solo perché era un appassionato di volo.