“Momies d’Osiris”, “Grain Osiris figures”, “Kornmumien”, “Kornosirise”, “Osiris vègètant”: queste sono solo alcune delle definizioni che sono state utilizzate nel tempo per indicare una particolare categoria di reperti mummiformi, composti da una miscela di terra, cereali, bende di lino e resine, che la storia degli studi più recente definisce corn-mummies.
Queste figurine misurano dai 35 ai 50 cm e quasi sempre sono fornite di attributi in cera, legno o terra disposti al di sopra del bendaggio e raffiguranti maschere con volto umano e barba posticcia, corone regali (atef o hedjet), urei, pugni che reggono uno scettro sul petto o falli eretti (foto a sinistra).
Accanto alla mummia sono stati a volte ritrovati anche altri elementi accessori, come figurine con volti di cera, in genere nel numero di quattro (raffiguranti i Figli di Horo), scarabei o piccole sfere di terra.
Spesso rinvenuti all’interno di un sarcofago ligneo con testa di falco (foto in alto) e coperchio decorato, per questa ragione le corn-mummies sono state erroneamente alcune volte catalogate come mummie infantili o di rapace.
Ciò, insieme al numero relativamente limitato di reperti noti e di indagini scientifiche effettuate su di essi, ha reso particolarmente complessa la ricerca di risposte riguardo al panorama cronologico, geografico e culturale in cui collocarli.
Tuttavia, l’analisi stilistica ha permesso di datare le corn-mummies tra il tardo Terzo Periodo Intermedio (950-656 a.C.) e l’inizio dell’Età Tolemaica (300-200 a.C.), consentendo inoltre di individuare una cronologia più ristretta per i singoli esemplari in base a determinate caratteristiche decorative dei sarcofagi e agli attributi in cera.
Osiride e il grano
Gli elementi regali e il ricorrere, sui sarcofagi, di iscrizioni recanti il nome di Osiride e i suoi epiteti Khenty-Imentit e Wennefer hanno portato all’interpretazione delle corn-mummies come rappresentazioni del dio dei morti.
Inoltre, le necropoli identificate come contesti di provenienza di corn-mummies (Tehne, Meydum, El-Sheik Fadl, Tuna el-Gebel and Wady Qubbanet el-Qirud) mostrano la presenza, in epoca tarda, di attività cultuali dedicate ad Osiride.
Un’analisi approfondita delle scene rappresentate, degli attributi, dei colori e dei materiali utilizzati ha dimostrato come ogni dettaglio del processo di realizzazione delle figurine fosse stato pensato per perseguire due obiettivi: rievocare l’idea di fertilità e proteggere il dio nel suo processo di rinascita.
I cereali, componente essenziale delle corn-mummies, rappresentano la metafora più immediata del ciclo di vita e morte della natura, assumendo connotazioni simboliche associate ad Osiride, in ambito funerario, sin dal Nuovo Regno: esemplari al riguardo sono i cosiddetti “letti di Osiride” (foto in basso), sagome lignee che riproducono la forma del dio di profilo, all’interno delle quali era fatto germogliare il grano. Sono stati rinvenuti principalmente in contesti funerari e un esempio celebre proviene dalla tomba di Tutankhamon.
Le indagini archeobotaniche hanno dimostrato che i semi presenti negli impasti delle corn-mummies appartengono ad una specie di orzo (Hordeum vulgare) coltivata in Egitto sin dal Neolitico e comunemente presente in contesti funerari, in forma di collane vegetali disposte sulle mummie, a simboleggiare la rinascita del defunto, oppure germogliato per scopi rituali connessi al culto di Osiride.
Il Festival di Khoiak
Il rituale in cui le corn-mummies dovevano essere presumibilmente realizzate e utilizzate sembra richiamare il contesto culturale del “festival di Khoiak”.
Questa festività prende il nome dal quarto mese della stagione dell’inondazione (Akhet), in cui le celebrazioni in onore di Osiride avevano luogo in tutto il regno, dal 12° al 30° giorno del mese. Era in questo periodo che la piena del Nilo arretrava e le colture iniziavano a germogliare.
Da un’originaria chiave di lettura essenzialmente agricola del festival, che sarebbe stato volto ad assicurare la fertilità dei campi attraverso l’identificazione tra Osiride e il grano, si è gradualmente posto l’accento, negli studi più recenti, sul valore simbolico del mito osiriaco e della sua commemorazione, il cui scopo sarebbe stato celebrare la vita e preservarla, attraverso il mantenimento dell’ordine cosmico durante il ciclo annuale della natura.
Noto sin dal Medio Regno (vi fanno riferimento numerose stele private datate a quest’epoca), il festival è tuttavia descritto nel dettaglio soltanto in fonti tarde.
Essenziali per la comprensione delle varie fasi del rito sono i testi riportati nel tempio di Hathor a Dendera, datati all’epoca romana. Alcuni passi riportano istruzioni specifiche sui tempi, i materiali e le modalità da adottare per la creazione di figurine di Khenty-Imentit, otre che di Sokar e delle “Membra Divine” (spy-nTr).
In tale ambito, le corn-mummies sono state spesso associate ai “mattoni di Osiride” (foto a destra), chiamati così per la forma, il materiale e le dimensioni analoghe a quelle dei mattoni da costruzione. Essi presentano una cavità centrale che richiama la forma del dio di profilo e costituiscono probabilmente un’evoluzione tarda dei “letti di Osiride” precedentemente citati.
Sebbene in passato fossero stati interpretati come matrici per la creazione di figurine, la presenza di lino, terra e semi germogliati nelle cavità di alcuni esemplari (foto in basso), nonché il loro rinvenimento negli stessi contesti archeologici delle corn-mummies, ha portato a concludere che i “mattoni di Osiride” siano in realtà veri e propri oggetti votivi. Contemporanei o di poco anteriori alle corn-mummies, come quest’ultime dovevano essere realizzati annualmente e ritualmente sepolti.
In realtà, numerose incongruenze e ambiguità si presentano nel confronto tra il dato archeologico e quello testuale, tali da portare a dubitare dell’effettiva identificazione delle corn-mummies con le figurine di Khenty-Imentit di cui parlano i Testi di Dendera.
Il quadro è ulteriormente complicato dal rinvenimento di sepolture di altre figurine di Osiride realizzate in diversi materiali, probabilmente connesse con la partecipazione pubblica e personale del popolo alla ritualità del festival e al culto della divinità.
Se è possibile che queste incongruenze siano dovute alle naturali differenze tra teoria letteraria e pratica, l’effettiva complessità prospettata dall’analisi e la combinazione di tutte le fonti archeologiche, iconografiche e testuali potrebbe anche suggerire la presenza di varianti locali nella celebrazione del festival e del culto, ulteriormente evolutesi nel corso del tempo.
Resta indubbio, in ogni caso, il coinvolgimento delle corn-mummies in un rituale volto alla rigenerazione di Osiride, con il quale esse condividevano lo stesso destino di “morte” e “resurrezione”, attraverso cui poteva essere assicurato il continuo rinnovamento della Ma’at.
Maria Linda Pessolano
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