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Finalmente risponderò alla domanda più annosa della storia dell’egittologia: come sono state costruite le piramidi?
Semplice; i blocchi erano trainati da mammut.
Almeno questa è la risposta tratta dal film “10.000 AC”, pellicola di avventura storica – o meglio, preistorica – che presenta un passato decisamente alternativo. In questa reinterpretazione fantastica di un periodo così remoto, Roland Emmerich torna a parlare anche dell’origine della civiltà egizia con un altro luogo comune fantarcheologico. Infatti, se in Stargate lo sprint evolutivo alla società preistorica era stato fornito da un’entità aliena, 14 anni dopo (2008) il regista e sceneggiatore collega lo sviluppo tecnologico – non ai livelli di navicelle spaziali e viaggi interdimesionali, ma comunque spropositato per 12000 anni fa – ad Atlantide.
La storia si svolge dal periodo esplicato dal titolo stesso del film, tra la tribù degli Yagahl, cacciatori primitivi che vivono in remota regione montuosa. Tra questi, il protagonista è il giovane D’Leh (Steven Strait; immagine a sinistra) che, riuscendo fortunosamente ad uccidere un mammut, riceve le insegne del potere. Tuttavia, la tranquillità del gruppo viene sconvolta dall’attacco di misteriosi guerrieri a cavallo – dagli evidenti tratti somatici arabeggianti – che catturano alcuni mastodonti e rapiscono anche diversi membri della tribù, tra cui la ragazza dagli occhi blu Evolet (Camilla Belle). Questo è l’evento scatenante dell’avventura e da qui in poi si assiste all’inseguimento di D’Leh che cercherà di salvare la sua amata attraverso terre sconosciute.
Balzano subito all’occhio i primi anacronismi e incongruenze geografiche. Si vedono armi in ferro quando saremmo in pieno Mesolitico e cavalcature che anticipano la domesticazione del cavallo di 6/7000 anni e di ancor di più l’utilizzo dell’animale in battaglia; inoltre, i mammut – se si esclude un unico caso – erano già estinti e gli occhi azzurri comparvero a causa di una mutazione genetica verificatasi solo 7000 anni fa circa. Non è ben chiaro nemmeno dove sia la terra di origine di D’Leh, anche perché il guerriero durante il suo viaggio incontra prima una foresta pluviale, poi savane con precoci tracce di agricoltura e infine il deserto che costeggia il “grande serpente” Nilo.
Si viene a sapere, infatti, che i predoni altro non sono che Egiziani inviati a procacciare schiavi e grandi animali da traino da impiegare nella costruzione delle piramidi, anche dette “montagne degli dèi”. D’Leh incontra diverse tribù che hanno subito la stessa sorte e che si alleano con lui seguendo una profezia che lo vede come liberatore perché risparmiato dallo smilodonte “Denti a Lancia”.
In tutto questo l’Egitto compare solo dopo un’ora di girato, attraverso un mega cantiere con i già citati mammut da soma e centinaia di migliaia di schiavi che lavorano alla costruzione di due delle tre piramidi di Giza.In generale, troviamo la fiera delle tesi alternative di Graham Hancock, Robert Bauval e tutti gli altri scrittori di fantarcheologia di cui mi occupo nella rubrica “bufale eGGizie“: le piramidi sono allineate con la costellazione di Orione, sono state costruite 12.000 anni fa e la Grande Sfinge appare con la testa di leone (immagine in basso).
Un simile grado evolutivo, con vaste città piene di templi con corti e piloni tipici del Nuovo Regno, ovviamente stona con l’effettiva realtà dell’Egitto del Mesolitico che era caratterizzato da diverse culture locali semi-sedentarie che vivevano delle risorse trovate lungo le rive del Nilo, nel Fayyum e nel deserto. Nella finzione del film, invece, la società è retta dal malvagio Onnipotente, un altissimo uomo nascosto da veli e venerato come un dio. Le sue origini sono spiegate da una mappa disegnata su papiro che, oltre a delineare con precisione tutti i continenti comprese le Americhe, pone al centro dell’Oceano Atlantico una grande isola da cui “gli abitanti volarono via quando fu sommersa dalle acque” (immagine in basso). Tale posizione non è casuale e fa riferimento al mito originario di Atlantide che, descritta per la prima volta da Platone nel Timeo (360 a.C.), viene collocata oltre le Colonne d’Ercole.
Il resto non ve lo racconto anche perché il film termina con uno scontatissimo quanto frettoloso lieto fine.