(*A scanso di equivoci, il nome della rubrica contiene volutamente un errore ortografico per sottolineare il carattere a dir poco ridicolo di alcune notizie riguardanti l’Egitto che circolano nel web e non solo)
Ormai non ci si può stupire più di niente. Se le fake news dilagano tra giornali e tv, rendendo spesso difficile valutare l’attendibilità di alcune notizie, assurdità diffuse in internet, che una volta avrebbero strappato solo una risata, trovano oggi dignità in strette cerchie di persone che, tuttavia, si allargano sempre di più. Esemplari sono le varie teorie cospirazionistiche basate su idiozie come terra piatta, rettiliani, Nuovo Ordine Mondiale, scie chimiche, 5G. Succede quindi che un divinità egizia in forma di rana diventi simbolo dell’alt-right (ne ho parlato qui) o che una scherzosa reinterpretazione di una pittura di Nuovo Regno venga presa sul serio.
L’immagine di un egizio che sembra infilare un bastoncino nell’occhio di un altro uomo in realtà gira già da parecchio come meme, in relazione a improbabili tamponi covid che sarebbero stati usati anche nell’antichità. Ma come sempre accade, seppur sia palesemente una trovata goliardica fondata sulla somiglianza di gesti che tra loro c’entrano poco, qualcuno ha creduto nella sua veridicità.
Ultimamente però c’è stata un’evoluzione. Cospirazionisti no-vax hanno addotto il meme a prova “inconfutabile” di fantomatici esperimenti bioingegneristici compiuti ai danni della popolazione inconsapevole. I tamponi infilati nel naso e nella gola per verificare la presenza del coronavirus, infatti, sarebbero invece un tentativo di ripetere una millenaria tecnica di tortura in voga tra gli Egizi. Andando così a danneggiare la ghiandola pituitaria, o ipofisi, si intaccherebbe la corretta produzione di diversi ormoni con un conseguente stato di infertilità, crescità rallentata, affaticamento, vertigini, nausea a vita.
Ovviamente non sono qui per spiegare quanto tutto ciò sia scientificamente assurdo (chiedete a un medico), ma vorrei fare una riflessione prima di andare ad analizzare nello specifico la scena. Che senso ha depotenziare uno schiavo, cioè una tua “proprietà” che dovrebbe invece lavorare al meglio per te? Tanto varrebbe eliminarlo definitivamente a questo punto. Insomma, una punizione più masochista che sadica.
Il disegno in cui l’aguzzino tormenterebbe il naso del povero schiavo (per la questione schiavi vi rimando a un vecchio articolo) è una copia moderna su papiro di una scena dipinta sulla parete nord della camera funeraria della tomba di Ipuy (TT217), scultore di Deir el-Medina vissuto durante il regno di Ramesse II (1279-1212 a.C.).
Nel registro inferiore del muro, sono rappresentati alcuni carpentieri che costruiscono un naos e un catafalco per il tempio funerario di Amenofi I.
Purtroppo l’intonaco è danneggiato proprio nella parte che c’interessa (immagini in basso), ma è comunque visibile uno degli artigiani che si sta occupando del catafalco voltarsi verso un altro uomo, forse un medico, che lo trucca con un bastoncino. Il kohl, infatti, oltre ad essere un cosmetico, serviva a prevenire le infezioni dell’occhio. In alto si vede proprio il tipico doppio tubetto per il kohl, insieme a una cassetta che forse conteneva le materie prime in polvere.
Quindi niente a che vedere con torture, ipofisi o esperimenti bioingegneristici.
L’attuale stato delle pitture (https://bit.ly/2Koe07H) e la ricostruzione della scena di Norman de Garis Davies (“Two Ramesside tombs at Thebes”, New York 1927, pp 66-70, pll. XXXVII-XXXVIII).
[Ringrazio Melissa e Matteo per avermi segnalato il post]