Questo archetto a sinistra è il geroglifico che gli antichi Egizi usavano per scrivere il numero 10. Era infatti il 29 dicembre 2013, per l’appunto 10 anni fa, quando pubblicai il primo degli oltre mille articoli che trovate qui, un breve sommario delle notizie più importanti uscite nel mese d’inattività durante il passaggio dal vecchio blog su cui scrivevo (archeoblog di VOLO, dall’8 maggio 2012) a quello attuale.
In questo lungo periodo ho buttato giù davvero tante parole. Non a caso avevo scelto come nome del blog DJED MEDU che è un’espressione utilizzata dagli scribi per introdurre una formula da recitare o un discorso diretto, traducibile convenzionalmente con “Parole dette” o “Parole da dire”. Sono passati 10 anni di scoperte archeologiche, studi scientifici, mostre e musei, ma anche di pezzi su fake news, cinema, letteratura e qualsiasi altro aspetto della società contemporanea che sia stato contagiato dal fascino per la civiltà faraonica. Due lustri in cui ho cercato di raccontare la mia passione – diventata poi una professione – per l’antico Egitto, in modo semplice ma al tempo stesso approfondito e senza scadere in facili banalizzazioni.
Questa attività di divulgazione si è poi estesa a vari social network e perfino offline grazie a conferenze, accrediti stampa, blog tour e collaborazioni con musei e istituzioni culturali (Museo Egizio di Torino, Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico e Museo Civico di Rovereto, Palazzo Strozzi e Museo Archeologico Nazionale di Firenze, Museo Archeologico Cicolano, BMTA di Paestum, Museo Archeologico Nazionale e gruppo FAI di Crotone, tourismA, Firenze Archeofilm, Festival dell’Inutile di Corigliano d’Otranto, Castello di Zumelle, Ciclo di conferenze Tra Cielo e Terra, Liceo Scientifico Torlonia di Avezzano, Cusano TV, RSI, Query, Focus, La Stampa, ecc.). In particolare mi preme ricordare soprattutto il lavoro con National Geographic Italia, che dal 2017 mi permette di scrivere su una delle più prestigiose riviste del mondo. Fruttuose collaborazioni sono nate anche con altri archeoblogger o divulgatori in generale e, alcune volte, si sono trasformate in belle amicizie, nonostante le strade di ognuno poi portino verso mete diverse.
Mete, spesso bizzarre, che non mi sarei aspettato di raggiungere parlando di antico Egitto. Mai avrei immaginato, ad esempio, di ricevere proteste o minacce velate da politici o famosi presentatori TV indignati dal contenuto di miei articoli; men che meno di diventare virale con una foto del mio bidet finita su giornali, TG e in cima alla classifica social di “Gazebo”. Fortunatamente, però, ho avuto anche molte soddisfazioni più canoniche, come una crescita continua di pubblico, l’apprezzamento di voi lettori o come quando, complice il clamore esploso attorno alla temporanea conferma della presenza di camere nascoste nella tomba di Tutnkhamon e la mia prontezza nel riportare la notizia, Djed Medu per un giorno è diventato il blog in lingua italiana più cliccato al mondo e il ventesimo in assoluto.
Sono quindi qui a ringraziare tutti voi, affezionati o frequentatori occasionali del blog. Grazie alla vostra vicinanza, alle vostre critiche, alle vostre domande interessate, sono cresciuto dal punto di vista umano e professionale. Cercare di rispondere alle vostre curiosità mi ha spinto a tenermi aggiornato, ad approfondire temi di cui altrimenti non mi sarei mai occupato, a conoscere sempre più aspetti che mi hanno aiutato nel mio lavoro. E ovviamente grazie anche da parte di Paperofi!
Con l’occasione, al posto della consueta lista delle più importanti scoperte dell’anno, vi propongo una carrellata delle principali notizie, anno per anno, riportate in 10 anni di Djed Medu:
2014 |
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Se in questa lista manca, per poco, la scoperta dei papiri di Wadi el-Jarf, tra le più importanti degli ultimi decenni ma annunciata nell’aprile del 2013, non da meno è stato il ritrovamento di due sepolture reali ad Abido risalenti al 1650 a.C. circa. Le ultime dimore degli allora sconosciuti Sobekhotep e Senebkay hanno confermato l’ipotesi dell’esistenza di una casata parallela locale durante il tumultuoso Secondo Periodo Intermedio, per l’appunto la cosiddetta “dinastia di Abido“. In somma, una scoperta che ha riscritto i libri di storia. | |
2015 |
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L’anno che ha spaccato l’egittologia e non solo e che ha generato una delle vicende più controverse del mondo dell’intera archeologia. “If I’m wrong I’m wrong, but if I’m right this is potentially the biggest archaeological discovery ever made”: con queste parole l’egittologo Nicholas Reeves entrava a gamba tesa ipotizzando l’esistenza di camere nascoste nella tomba di Tutankhamon. Analisi termografiche e georadar hanno poi effettivamente rilevato la presenza di due aperture sconosciute nella camera funeraria. Ma, in un continuo susseguirsi di colpi di scena, questa teoria è stata prima confermata e poi confutata. | |
2016 |
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120 navi nel deserto: no, non era un miraggio ma la scoperta effettuata ancora una volta dalla missione ad Abido Sud del Penn Museum. Una grande camera rettangolare con volta a botte, individuata già nel 1904 ma scavata solo tra 2014 e 2016, si è rivelata essere una struttura adibita a ospitare la barca funeria del faraone Sesostri III (1878-1841 a.C.). Sulle pareti stuccate di bianco, infatti, si trova un gran numero di graffiti che raffigurano imbarcazioni di diverso tipo e grandezza. Oltre 145 giare da birra sepolte lungo il viale d’accesso, invece, stavano a simboleggiare l’acqua sulla quale avrebbe navigato la barca. | |
2017 |
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In questi anni, la missione egiziano-tedesca a Matariyya diretta da Dietrich Raue e Ayman Ashmawi è stata protagonista di continue scoperte rilevanti (e io ho avuto il piacere di esserne membro nel 2019). D’altronde, il sito di Matariyya, distretto settentrionale del Cairo, coincide con il complesso templare di Eliopoli, forse il più importante dell’intera storia egiziana e perfino più esteso di Karnak. Ma la notizia che ha fatto il giro dei giornali di tutto il mondo, soprattutto per le difficili condizioni di scavo, è stata soprattutto quella del ritrovamento di una statua colossale frammentaria di Psammetico I. | |
2018 |
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Forse in foto non rende, ma immginate quanto meravigliosa possa essere dopo il restauro, ancora in corso, quella rarissima maschera funeraria in argento. Lavorando nei laboratori del Museo Egizio del Cairo, ho potuto vederla e ve lo assicuro! In ogni caso, la maschera è solo uno dei reperti scoperti dal team del compianto Ramadan Hussein a Saqqara. Per la prima volta è stato identificato un completo laboratorio d’imbalsamazione, comprendente un deposito con strumenti e ingredienti – anche dal Sud-Est asiatico – utilizzati nella mummificazione, un pozzo funerario e oltre 35 mummie di XXVI dinastia. | |
2019 |
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Ve ne sarete accorti anche voi vedendo continue foto di distese di sarcofagi. Dal 2018, la missione egiziana nell’area del Bubasteion di Saqqara ha monopolizzato l’attenzione mediatica dell’egittologia. Nel 2019, in particolare, è stato scoperto un deposito di Epoca Tarda con decine di mummie animali, tra cui cuccioli di leoni, gatti, serpenti, scarabei e perfino una mangusta. Andando più a sud, da non dimenticare è sicuramente il ritrovamento nella necropoli di el-Assasif (Tebe Ovest) di una cachette di 30 sarcofagi, ancora sigillati, risalenti alla XXI-inizio XXII dinastia (950 a.C. circa). | |
2020 |
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Dicevamo: prima 59 sarcofagi, poi altri 100 o più in quella che è stata definita dalle autorità egiziane “la più grande scoperta archeologica del 2020”. Al di là della peculiarità dei depositi di mummie animali, l’area del Bubasteion di Saqqara è infatti caratterizzata da decine di pozzi funerari e camere sotterranee piene di sepolture di XXVI dinastia fino al periodo tolemaico. Per una quantità così elevata di sarcofagi ancora chiusi bisogna risalire addirittura al 1891 con il ritrovamento della cachette di Bab el-Gasus a Deir el-Bahari (Tebe Ovest). | |
2021 |
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La presentazione alla stampa come successo personale di Zahi Hawass e la scelta tutta mediatica del nome “Golden city” che strizza l’occhio all'”età d’oro” della storia egizia e, alla lontana, a Tutankhamon, hanno forse messo in secondo piano la vera importanza della scoperta annunciata nell’aprile del 2021. Infatti, da Tjehen-Aten, centro amministrativo dell’epoca di Amenofi III (1388-1350 a.C. circa) a Tebe Ovest, non è emerso oro – almeno che io sappia – ma un’incredibile situazione cristallizzata al momento dell’abbandono improvviso della città, con edifici sigillati e tracce perfettamente conservate delle attività che si svolgevano in quel luogo. | |
2022 |
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Per assurdo, le poche informazioni che abbiamo sulla mummificazione derivano soprattutto da fonti classiche indirette, come Erodoto e Diodoro Siculo. Almeno fino agli ultimi anni, grazie alle scoperte a Saqqara. Ma un altro importante tassello che si è aggiunto alla conoscenza delle pratiche di trattamento dei cadaveri è arrivato anche da Abusir, dove la missione ceca diretta da Miroslav Bárta ha individuato un enorme deposito di materiale per imbalsamazione di Epoca Tarda, forse il più grande noto, connesso alla tomba di Wahibrameryneith, “Comandante dei mercenari stranieri” tra XXVI e XXVII dinastia. | |
2023 |
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Grazie al progetto ScanPyramids, lanciato nel 2015 con lo scopo di studiare la struttura interna delle piramidi di Dahshur e Giza, abbiamo imparato cosa sono i muoni. E proprio per mezzo di una scansione muonica sono state identificate nel 2016 due anomalie nella Piramide di Cheope, tra cui un “grande vuoto” di 30 metri. Nonostante il clamore prodotto da quest’ultimo, pochi mesi fa è stata confermata (e ripresa con una endocamera) l’altra anomalia: un “corridoio” nascosto dietro la facciata nord, probabilmente atto a diminuire il peso gravante sul sottostante passaggio discendente. |