(*A scanso di equivoci, il nome della rubrica contiene volutamente un errore ortografico per sottolineare il carattere a dir poco ridicolo di alcune notizie riguardanti l’Egitto che circolano nel web e non solo)
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Questa volta, nell’aiutarmi a sfatare l’ennesima fake news del mondo dell’egittologia (o meglio, della papirologia), non ci saranno storici o archeologi ma addirittura un procuratore della Repubblica! L’interesse della magistratura nella vicenda, che ha comunque provocato aspri dibattiti fin dall’inizio, è dovuta a una presunta – a questo punto acclarata – truffa nell’acquisto di un documento antico: il papiro di Artemidoro.
Il Papiro di Artemidoro è un papiro frammentario di circa 30 x 250 cm con disegni e testo in greco che, in un primo momento, erano stati datati al I sec. a.C. Il contenuto, infatti, presenterebbe un trattato geografico con la divisione amministrativa della Spagna tratto dai “Geographoùmena” di Artemidoro di Efeso (II-I sec. a.C.). Le raffigurazioni, invece, mostrerebbero una porzione della penisola iberica, parti anatomiche di statue e animali veri e fantastici.
La datazione così tanto dibattuta è arrivata dagli studiosi che si sono occupati dell’edizione critica del testo – Claudio Gallazzi, Bärbel Kramer e Salvatore Settis – su base paleografica e sulla notizia, poi smentita, che il papiro venisse da una maschera funeraria in cartonnage risalente a un periodo inquadrabile tra i regni di Nerone (54-68) e Domiziano (81-96).
Noto già da qualche decennio, il papiro fu acquistato nel 2004 dalla Compagnia di San Paolo per ben 2 milioni e 750 mila euro dal mercante d’arte d’origine armena, nato in Egitto e residente in Germania, Serop Simonian. L’intenzione della banca – che fa parte della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino – era di portare all’Egizio quella che sarebbe stata una delle più antiche carte geografiche della storia. Già, “sarebbe stata”, perché dubbi sull’autenticità del pezzo furono subito avanzati da altri studiosi ed Eleni Vassilika, direttrice del Museo Egizio dal 2005, si rifiutò di esporlo avendo avuto a che fare con Simonian e i suoi falsi quando dirigeva il Roemer- und Pelizaeus-Museums di Hildesheim. Per questo nel 2014, dopo una serie di mostre ‘temporeggianti’, il papiro è finito al Museo di Antichità di Torino.
Tra chi avevano gridato al falso spicca il nome del filologo classico Luciano Canfora che, considerando il testo opera del falsario greco ottocentesco Costantino Simonidis, nel 2013 ha presentato un esposto alla Procura di Torino. Le indagini sono partite nel 2015 ad opera del procuratore Armando Spataro che proprio oggi ha ufficializzato i risultati. In realtà, già da tempo è stato assodato che il reperto non risalga al I sec. a.C., soprattutto da quando la polemica Settis-Canfora, scoppiata con un botta e risposta sulle pagine dei giornali, si è allargata a tutta la comunità scientifica. C’erano da registrare incongruenze nel linguaggio e in alcune conoscienze geografiche presenti nel testo e addirittura, nel 2009, la polizia scientifica di Marche e Abruzzo aveva indicato come palesemente ritoccata la foto (immagine a destra) che avrebbe mostrato il cosiddetto Konvolut (conglomerato) appena estrapolato dalla maschera funeraria.
In ogni caso, come detto, oggi è arrivata la conferma definitiva dalla magistratura. Tra i vari documenti acquisiti durante le indagini, figurano una lettera del 2004 con cui la delegata del governo federale per l’Istruzione e la Comunicazione di Bonn, Rosa Schmitt-Neubauer, permetteva l’esportazione del papiro perché non considerato bene artistico di valore per la Germania e il documento con cui è uscito dall’Egitto nel 1971 in cui è descritto come “sacco di carta in parte con immagini in oro” dal valore di 20 lire egiziane. Infine, sono stati presi in considerzione gli esami scientifici: il C14 che ha indicato una datazione del I secolo avanti – I secolo dopo Cristo è relativo al solo supporto papiraceo (spesso i falsari usano veri papiri); l’inchiostro non è conforme a quello adottato all’epoca; sono stati rilevati il contatto con una rete zincata e l’azione di acidi per contraffare la composizione chimica dell’oggetto.
Addenda
La sentenza e la relativa diffusione mediatica ha riacceso il dibattito tra gli studiosi su una questione tutt’altro che conclusa. A tal proposito, segnalo la conferenza tenuta a Torino il 15/01/2019 dalla dott.ssa Roberta Mazza (papirologa dell’Università di Manchester), convinta dell’autenticità del Papiro di Artemidoro:
https://www.facebook.com/acmemuseoegizio/videos/2194023237515778/
Aggiornamento (17/06/2019):
Il programma RAI di inchiesta giornalistica Report ieri ha dedicato un servizio alla vicenda del Papiro di Artemidoro anticipando alcuni dei risultati dei recenti esami eseguiti presso l’Istituto di Patologia del Libro del MiBAC. Il dato più importante viene dalle analisi spettroscopiche degli inchiostri che per un unico reperto sono ben 7 e senza impurità. “Improbabile che siano di manifattura antica” afferma la restauratrice intervistata, Cecilia Hausmann. Negli inchiostri è presente il diamante esagonale, elemento che si trova raramente in natura, nelle rocce meteoriche, in Sri Lanka o Canada, o più semplicemente come prodotto industriale realizzato a partire dal XIX secolo.
Il servizio completo: http://www.rai.it/programmi/report/inchieste/Il-papiro-94d1b4df-07c8-4da8-8c9d-8f495ce7d73b.html
Aggiornamento (18/12/2023):
Ieri le autorità francesi hanno ottenuto l’estradizione di Serop Simonian che aveva venduto all’Italia il papiro di Artemidoro. Il mercante d’arte di origini armene è stato arrestato nell’ambito della recente inchiesta sul traffico illecito di antichità dall’Egitto a Parigi e New York. Ricorderete che il caso era curiosamente scoppiato per una foto di Kim Kardashian al MET Gala del 2018.