Torno a parlare di una collezione egizia “minore” a distanza di 2 anni e mezzo dall’ultima volta e non poteva esserci occasione migliore per occuparmi di un museo che si trova proprio in Egitto e che ho visitato all’inizio del mese.
Del Cairo tutti conoscono lo storico Museo Egizio di Piazza Tahrir e forse anche i due nuovi musei archeologici, il Grand Egyptian Museum di Giza e il Museo Nazionale della Civiltà Egiziana a Fustat, che sono ancora in fase di costruzione. Molti meno, invece, hanno sentito parlare di un vero e proprio gioiello nascosto tra i fatiscenti palazzi della parte vecchia della città, un edificio rimarchevole più per la sua bellezza architettonica che per l’importanza delle antichità che contiene: il Gayer-Anderson-Museum.
Probabilmente il nome non sarà nuovo agli amanti dell’Egitto antico perché è legato a uno dei reperti più famosi del British Museum, il “gatto Gayer-Anderson“. La statuetta di bronzo fu donata al museo londinese nel 1939 dal maggiore, medico dell’esercito britannico e collezionista Robert Grenville Gayer-Anderson (1881-1945) che era arrivato in Egitto nel 1907. Qui, dopo una prestigiosa carriera che lo portò a ricoprire importanti cariche militari e amministrative, fino ad ottenere addirittura il titolo onorifico di Pascià, Gayer-Anderson si ritirò a vita privata nel 1923 per didicarsi a tempo pieno alle sue vere passioni. Cominciò infatti a raccogliere, studiare e vendere antichità egizie, mobili orientali e altri oggetti da Turchia, Siria, India, Iran, Cina e Italia. Scriveva articoli per riviste egittologiche, organizzava mostre al Cairo e intratteneva rapporti con musei di tutto il mondo, come il già citato British Museum o il Fitzwilliam Museum di Cambridge a cui donò oltre 7500 pezzi. Non è un caso che, in due quadri nella sua abitazione, sia rappresentato mentre maneggia un ushabti o caricaturizzato con le fattezze della sfinge (foto in basso)
Tra il 1932 e il 1943, il Maggiore ebbe il permesso di risiededere nelle confinanti Beit Amna bint Salim (1540) e Beit el-Kretilya (1632), due dei pochissimi esempi di edilizia privata ottomana sopravvissuti alle demolizioni nelle adiacenze della monumentale moschea di Ibn Tulun. La bellezza del luogo, con tendaggi, mobili d’epoca ed elegantissimi intarsi in legno, è sottolineata anche dalla scelta di utilizzare i due palazzi come location per il film “007 – La Spia che mi amava“. Alla sua morte nel 1945, Gayer-Anderson lasciò in eredità la sua abitazione, insieme a tutto il contenuto, al governo egiziano che poi ne ha fatto una casa-museo.
I reperti egizi sono sparsi un po’ ovunque, tra stampe d’inzio ‘900, vasi cinesi e tappeti persiani. Vediamo capitelli hathorici da Dendera in giardino e porzioni di rilievi da Luxor o modellini di Medio Regno inseriti nelle pareti. Ma il principale luogo deputato all’antico Egitto, almeno fino a non molto tempo fa, è la “Stanza del Museo”, dove Gayer-Anderson esponeva gli oggetti che collezionava. Qui, tra ceramiche e vassoi metallici di epoca islamica, spicca la riproduzione del celebre gatto donato al British, mentre alle sue spalle c’è un’altra copia, quella del busto di Nefertiti oggi a Berlino; pochi altri reperti egizi sono esposti nella sala, come un sarcofago in cartonnage di XXI dinastia messo in un angolo (foto in basso a destra).
Il grosso della collezione egizia è stato disposto meno di 20 anni fa in due vetrine nella piccola “Sala dell’Antico Egitto” o “Sala faraonica”. Appare subito evidente l’interesse di Gayer-Anderson per gli oggetti di piccole dimensioni di ogni epoca: canopi, porzioni di rilievi, stele, frammenti di sarcofagi, maschere funerarie, scarabei, statuette e diverse figurine in terracotta di Arpocrate e Bes risalenti al periodo greco-romano. Decine di braccia, orecchie, piedi, corna, urei e barbe, invece, potrebbero essere i “pezzi di ricambio” che il collezionista usava per restaurare e rendere più appetibili le statuette in legno.
Per approfondire
- Ikram S., “A Pasha’s Pleasures: R.G. Gayer-Anderson And His Pharaonic Collection In Cairo”, in D’Auria S. (ed.), Offerings to the Discerning Eye. An Egyptological Medley in Honor of Jack A. Josephson, Leiden-Boston 2010, pp. 177-186.
- Warner N., Guide to the Gayer-Anderson Museum, Cairo 2003.
- La visita virtuale: https://mpembed.com/show/?m=LCyv1zFUxiq&mpu=497