“Egitto di Provincia”: Museo d’Antichità J.J. Winckelmann, Trieste

"Egitto di Provincia": Museo d'Antichità J.J. Winckelmann, Trieste - Djed Medu
La prima sala della collezione egizia

Qualche giorno fa, invitato a Trieste dal Centro Culturale Egittologico Claudia Dolzani per tenere una conferenza, ho approfittato dell’occasione per visitare la città per la prima volta. Tra le tappe scelte nel mio breve soggiorno nel capoluogo del Friuli-Venezia-Giulia, non poteva mancare il Museo d’Antichità J.J. Winckelmann che conserva una delle collezioni egizie “minori” più importanti d’Italia.

Quella del già Civico Museo di Storia ed Arte è infatti, insieme a quella della Pilotta a Parma, la raccolta egizia più cospicua esaminata per questa rubrica. Con circa 1500 reperti e 4 stanze dedicate, è in effetti difficile accomunarla ad altre in cui gli oggetti egizi si limitano a poco più di una vetrina. Prima di passare all’Egitto, però, vale la pena fare una brevissima panoramica sulla storia del museo che, per le sue peculiarità, può essere considerato un punto di riferimento per la cittadinanza. Infatti, grazie alla gratuità e alla bellezza degli spazi aperti (Orto Lapidario e Giardino del Capitano), il Museo Winckelmann è un piacevole luogo dove passare il tempo libero. La sua origine risale all’8 giugno 1843 quando, in occasione del 75° anniversario della morte di Johann Joachim Winckelmann, fu aperto ufficialmente al pubblico l’Orto Lapidario in cui si trova il cenotafio del celebre studioso tedesco, padre del neoclassicismo, assassinato proprio a Trieste. Il Museo vero e proprio, invece, fu inaugurato nel 1873 dopo che il Comune ebbe acquistato una collezione di ben 25.500 antichità aquileiesi del farmacista triestino Vincenzo Zandonati.

Già nell’Orto Lapidario s’incontrano, in un certo senso, tracce di Egitto, con piccole are romane dalla zona di Aquileia dedicate a divinità egiziane come Iside e Anubi (immagine in alto a sinistra). Altre testimonianze della diffusione dei culti egizi nel mondo classico sono invece rintracciabili in una testa del dio Serapide e un rilievo di una sacerdotessa isiaca esposti nel mausoleo di Winckelmann, oltre a piccoli oggetti, come bronzetti di Iside-Fortuna, nelle sale romane (foto in alto).

La Collezione egizia è composta da reperti donati, dal 1873 ai primi decenni del XX secolo, da cittadini triestini che si erano recati in Egitto per lavoro o per un semplice viaggio di piacere. Il porto franco di Trieste, grazie al suo sistema fiscale privilegiato e al ruolo del Lloyd Triestino, era infatti uno dei principali scali commerciali europei del XIX secolo e, per questo, era costantemente inserito nelle rotte mercantili e turistiche da e verso il Mediterraneo Orientale. Se Livorno divenne la porta d’accesso continentale alle grandi collezioni museali raccolte durante l’Età dei Consoli, Trieste vide soprattutto l’afflusso di piccoli nuclei di antichità acquistate come souvenir da privati colpiti dalla diffusa egittomania (per maggiori informazioni sui donatori, rimando all’estratto del catalogo linkato in basso). Alcuni reperti e mummie esposti, però, fanno parte del patrimonio del Museo Civico di Storia Naturale e sono in deposito permanente presso il Museo Winckelmann.

Si parte dalla sala più grande (foto in alto) intitolata a Claudia Dolzani, studiosa triestina che per prima si adoperò allo studio e allestimento della raccolta. Alle pareti ci sono chiare didascalie ed esaustivi pannelli cronologici, oltre a tavole inerenti all’antico Egitto tratte dalla prima edizione italiana completa (1830-1834) degli studi di storia dell’arte di Winckelmann. Entrando nella sala, l’occhio è subito catturato dai tre sarcofagi, due in pietra (Suty-Nakht, XIX din.; Aset-reshty, XXVI din.) e uno in legno (Pa-di-amon, XXI din.) con all’interno una mummia non pertinente aggiunta in antichità o nel XIX secolo. Di quest’ultimo è apprezzabile la spiegazione di ogni singola scena dipinta sulla cassa e sul coperchio.

Il resto degli oggetti, di taglia molto più piccola, è disposto in vetrine tematiche. D’altronde, per contesti così eterogenei e provenienti dal mondo dell’antiquaria, è probabilmente l’unico modo di esposizione. Abbiamo quindi gruppi tipologici – come parti di sarcofago, stele, ushabti (tra cui ne spiccano tre di Seti I), canopi, amuleti – o divisi per i macroargomenti divinità – dove abbondano, come sempre, bronzetti di Osiride e Iside – e animali – in cui ogni divinità zoomorfa è rappresentata dai relativi amuleti e mummie (gatto, falco e coccodrilli) -. Restano alcuni reperti “sfusi” come falsi ottocenteschi, un pyramidion di epoca tolemaica (di cui è stata effettuata anche una copia presente in sala), quattro fogli di papiro con il Libro dei Morti dello scriba Amenhotep (XVIII din.) e una rara statuetta incompiuta di un sovrano tolemaico inginocchiato dietro una stele. Ogni insieme è ampiamente spiegato nelle didascalie, togliendo un po’ spazio alle informazioni relative ai singoli pezzi. Nel complesso si ha quindi un esaustivo catalogo didattico delle più comuni espressioni della cultura materiale egizia.

Dopo un ambiente di passaggio, dove è esposto solo un rilievo con Nereidi ed erote su un delfino del V sec. d.C., si entra in una piccola sala in cui è ricostruito il contesto funerario del sacerdote Pa-sen-en-hor (Tebe, XXI-XXII din.), di cui si mostra la mummia, il sarcofago antropoide in legno e la copertura in cartonnage (foto in alto). Qui l’illuminazione si attiva solo al passaggio del visitatore risparmiando stress superfluo alle variopinte pitture dei reperti.

L’ultima sala è dedicata ai periodi più tardi della storia egizia, tra cartonnage tolemaici, terrecotte greco-romane e copte e ceramiche islamiche. Infine, accanto a un sarcofago di sacerdotessa di fine XXI dinastia (X sec. a.C.) con all’interno la mummia di un anziano di Epoca greco-romana, ci sono un’istallazione video in cui viene mostrata la ricostruzione facciale dei tre individui imbalsamati presenti nella Collezione (foto in alto a destra) e un pannello che illustra i risultati degli esami archeoantropologici.

In realtà, continuando la visita nei piani superiori si trovano altri reperti egizi. Nello specifico, un bel mobiletto d’epoca contiene selci e altri strumenti in pietra predinastici raccolti in Egitto o ricevuti in dono da Carlo Marchesetti, direttore del Civico Museo di Storia Naturale dal 1876 al 1921 ed esperto di archeologia preistorica, mentre nella Sala della scrittura nell’antichità sono esposti un ushabti e un frammento di sarcofago a rappresentanza del sistema geroglifico.

Il sito del museo: https://museoantichitawinckelmann.it/visita/antico-egitto/

Un estratto del catalogo: https://www.archeocartafvg.it/wp-content/uploads/Estratto-COLLEZIONE_EGIZIA.pdf