“Egitto di Provincia”: Museo di Archeologia Ligure, Genova

"Egitto di Provincia": Museo di Archeologia Ligure, Genova - Djed Medu

Genova non è solo i vicoli raccontati da De André, l’acquario, il porto, i palazzi dei Rolli, il pesto, la focaccia. Lontano dal centro storico, a ponente, si trova un altro luogo, sicuramente meno conosciuto, ma che vale la pena di visitare, soprattutto in una bella giornata di sole. A due passi dalla stazione Genova-Pegli, dopo aver attraversato un lungo viale ciottolato che scavalca la ferrovia, si entra nella meravigliosa Villa Durazzo Pallavicini. La storica dimora nobiliare è nota soprattutto per il suo parco, realizzato tra 1840 e 1846, su progetto dell’architetto Michele Canzio e per volere del marchese Ignazio Alessandro Pallavicini. Ed è un peccato che l’Orto Botanico, invece, voluto nel 1794 dalla marchesa Clelia Durazzo Pallavicini, esperta della materia, sia in stato d’abbandono e inaccessibile da anni.

"Egitto di Provincia": Museo di Archeologia Ligure, Genova - Djed Medu

Fortunatamente il giardino romantico è ben tenuto ed è stato addirittura giudicato come “parco più bello d’Italia” nel 2017. Si sviluppa sul versante della collina con un percorso scenografico-teatrale in cui la vegetazione, impianti ed edifici dialogano per raccontare una storia in tre atti. Nell’ultimo di questi, il cammino si chiude catarticamente nel Lago Grande, attorno al quale diverse strutture rappresentano tutti i popoli del mondo riuniti sotto la luce divina del Tempio di Diana che spunta al centro dello specchio d’acqua: il Ponte Romano (Occidente), il Chiosco Turco (Medio Oriente), la Pagoda Cinese (Estremo Oriente) e l’Obelisco Egizio (Africa; foto a sinistra). L’obelisco è ovviamente finto e gli pseudo-geroglifici non hanno alcun significato, ma la sua presenza testimonia la galoppante egittomania ottocentesca.

Nel parco è ubicata anche la villa settecentesca (foto in cima all’articolo) – seppur abbia un aspetto neo-classico risalente al XIX secolo – che dal 1936 è sede del Museo di Archeologia Ligure. Il museo conserva oltre 50.000 reperti che illustrano la storia antica della regione, dal Paleolitico all’età tardo-romana. Il nucleo originario si costituì nel 1866 grazie a un lascito testamentario dello sfortunato principe Oddone di Savoia – figlio del re Vittorio Emanuele II e morto giovanissimo – e crebbe alla fine del secolo e nel ‘900 attraverso altre donazioni e acquisizioni da scavi.

"Egitto di Provincia": Museo di Archeologia Ligure, Genova - Djed Medu

Tra le antichità cedute da Oddone c’è anche qualche reperto faraonico esposto nella sala egizia (foto in alto), situata al piano terra, alla fine del percorso museale; tuttavia, la gran parte dei pezzi della piccola collezione arrivò tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento. Rispetto a tanti altri esempi riportati in questa rubrica, infatti, il collezionismo egittologico si colloca un po’ più tardi a Genova e i due nuclei principali si legano alle figure del tenente di vascello Giovanni Caramagna e il celebre capitano Enrico Alberto D’Albertis. Quest’ultimo, in particolare, da esploratore e filantropo viaggiò spesso lungo il Nilo nei primi anni del XX secolo e i suoi diari e foto forniscono rare informazioni sul contesto di provenienza dei reperti da lui recuperati. Ad esempio, un cartellino originale che si riferisce a un piccolo pilastro djed ci informa che fu acquistato – cosa normale all’epoca – nel Museo di Giza, che dal 1890 al 1902 fu la precedente sede dell’attuale Museo Egizio del Cairo di Piazza Tahrir (foto in basso a destra). Di D’Albertis, fra l’altro, sempre a Genova segnalo il castello che oggi è sede del Museo delle Culture del Mondo e conserva altri suoi souvenir, tra antichità e reperti etno-antropologici, da tutto il mondo.

Come al solito, nella collezione egizia di Genova si notano per lo più oggetti di piccola contenuta – più facilmente trasportabili da privati – come amuleti, bronzetti, ushabti, maschere funerarie e frammenti di statua. Non mancano curiosi falsi, esposti in una vetrina all’esterno della sala (foto in alto a sinistra). Le didascalie sono abbastanza chiare ed esplicative, fornendo informazioni e approfondimenti sui soggetti e, con un pannello a parte, sulla cronologia.

Tuttavia, il posto d’onore della sala è riservato al sarcofago e alla mummia di Pasherienaset, sacerdote vissuto a Edfu durante la XXVI dinastia (672-525 a.C.). In questo caso la donazione risale al 1931, a opera dell’avvocato Emanuele Figari, nipote di Antonio Figari Bey, famoso medico, farmacista e geologo che visse in Egitto tra 1825 e 1870. Al sarcofago sono dedicati due pannelli con la spiegazione delle scene dipinte e delle tecniche costruttive. Di Pasherienaset si parla abbondantemente in altri testi che ne approfondiscono l’origine, la genealogia, la carica religiosa. Non si conosce l’ubicazione della tomba, probabilmente nella necropoli di Nag el-Hessaia, ma è palese che la diaspora degli oggetti del suo corredo, finiti nel mercato antiquario, risalga almeno al XIX secolo. A testimoniarlo c’è l’ultimo – anche in senso temporale – pezzo della collezione genovese: una statuetta in steatite di Pasherienaset. Appartenuta al politico armeno e ministro degli Esteri egiziano Tigrane Pascià d’Abro, fu pubblicata per la prima volta nel 1911 e poi passò, di collezione in collezione, prima a New York e poi a Parigi, fino a che se ne persero le tracce. Già dal 1999 ci fu un appello a tutti gli studiosi da parte del Museo Archeologico di Genova per averne notizie. Ma solo nel 2004 il pezzo è stato battuto a un’asta di Sotheby’s e acquistato dalla Fondazione “Edoardo Garrone” che l’ha offerto in comodato al museo, permettendo – evento più unico che raro in ambito museale – una parziale integrazione del corredo del sacerdote.

https://www.museidigenova.it/it/museo-di-archeologia-ligure-0

https://www.villadurazzopallavicini.it