Quando la stagionatura supera ogni record. A Saqqara, celebre necropoli a sud del Cairo, sono stati ritrovati i resti di un formaggio di oltre 3200 anni. Seppur fossero già note testimonianze archeologiche precedenti in Nord Europa, Libia, Anatolia e Cina, quello egiziano sarebbe il più antico prodotto caseario solido finora individuato.
Ad effettuare la scoperta è stato un team di studiosi diretti dal prof. Enrico Ciliberto, del Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università di Catania, che ha pubblicato i risultati del suo studio sull’ultimo numero della rivista scientifica “Analytical Chemestry”.
Il formaggio si trovava nella tomba di Ptahmes, sindaco di Menfi e “Gran maggiordomo del Tempio di Ramesse II nella Casa di Ptah” all’inizio della XIX dinastia (1290-1213 a.C.).
La sepoltura, situata a sud della rampa processionale della piramide del faraone Unas (nei pressi del laboratorio di mummificazione recentemente scoperto) era nota almeno dal 1859, quando viaggiatori europei cominciarono a depredarne statue e rilievi parietali, ormai sparsi in musei e collezioni private di tutto il mondo.
Alla fine del XIX secolo se ne persero le tracce, fino al 2010 quando l’ipogeo è tornato di nuovo alla luce grazie agli scavi diretti da Ola el-Aguizy (Cairo University, pubblicazione 1, pubblicazione 2).
In particolare, il formaggio, sotto forma di una densa massa biancastra, è stato ritrovato durante la campagna 2013-2014, avvolto in un panno dentro una giara rotta. Il vaso era deposto insieme ad altri contenitori ceramici in uno dei magazzini laterali della tomba.
Un campione del materiale è stato affidato agli scienziati dell’ateneo siciliano che, grazie a un’analisi proteomica, sono giunti a risultati interessanti: il formaggio era stato realizzato con un mix di latte bovino e ovino (di pecora o capra). La caratterizzazione dei peptidi, infatti, ha permesso di individuare proteine tipiche dei derivati del latte, oltre ad alcune imputabili alla contaminazione umana (proteine della saliva e la cheratina di pelle e capelli).
Inoltre, se non bastasse la data di scadenza a scoraggiare un assaggio di questo formaggio, gli studiosi hanno anche rilevato la presenza del batterio Brucella melitensis, responsabile della brucellosi o “febbre mediterranea”. Tale malattia infettiva colpisce soprattutto gli ovini, ma è trasmettibile anche all’uomo, tanto che le sue tracce erano state già osservate su ossa di mummie egizie. Tuttavia, questo è il primo caso in cui il batterio è stato riconosciuto grazie a un’analisi biomolecolare.