Gli Hyksos, fenomeno che caratterizzò il II Periodo Intermedio, sono comunemente considerati il perfetto paradigma del popolo straniero invasore che interrompe la pace e la libertà di uno Stato ingiustamente soggiogato. Il filosofo Benedetto Croce, ad esempio, usò la loro presunta invasione dell’Egitto come metafora della parentesi illiberale del fascismo in Italia, “con la sola felice differenza che la barbarie di questi durò in Egitto oltre dugento anni, e la goffa truculenza e tumulenza fascistica si è esaurita in poco più di un ventennio” (Croce B., “La libertà italiana nella libertà del mondo”, in Scritti e discorsi politici: 1943-1947, vol. I).
Ma è proprio vero che le cose andarono così? Che l’Egitto si ritrovò controllato da gente straniera venuta improvvisamente da est? Un recente studio, portato avanti da Chris Stantis e dai colleghi della Bournemouth University e pubblicato su Plose One, sembrerebbe confutare la teoria dell’invasione.
Il team ha cercato di ricostruire l’origine geografica di una settantina di individui sepolti ad Avaris, l’odierna Tell el-Dab’a nel Delta orientale (120 km a NE del Cairo), città che divenne la capitale della dinastia Hyksos, la XV (1640–1530 a.C.). Per farlo ha confrontato la quantità di isotopi di stronzio (87Sr/86Sr) nei denti con il livello medio degli stessi nel suolo locale. Lo stronzio, infatti, è un metallo presente ovunque in natura e viene assorbito in piccole quantità, attraverso cibo e soprattutto acqua, dallo smalto dei denti durante la loro formazione.
Analizzando 36 scheletri di persone vissute nei 350 anni precedenti alla XV dinastia (XII-XIII din., 1991–1649 a.C.), è emerso che ben 24 di esse avrebbero trascorso la loro infanzia fuori dal Delta e dalla Valle del Nilo in generale. Essendo il fiume la fonte principale di stronzio, si presume quindi che ci fossero livelli simili in tutto l’Egitto. Questo dato indica una cospicua presenza straniera, proveniente da diverse zone, ad Avaris già da secoli. Il modello si ripete anche nei 35 individui collocabili nei cento anni di dominazione Hyksos, ma per assurdo diminuisce leggermente la componenente alloctona. Inoltre, in generale, sono state riscontrate più donne che uomini stranieri, particolare che poco si adatterebbe a un’invasione militare.
In conclusione, dallo studio – seppur limitato nel numero di campioni e da contestualizzare perché relativo a sole sepolture elitarie – emergerebbe una città multiculturale, caratterizzata da un continuo flusso migratorio già nel Medio Regno. Per questo, diversi giornali online hanno pubblicato articoli sensazionalistici in cui si celebra la scoperta come una sorta di debunking di una bufala storica saldamente radicata nelle convinzioni contemporanee. Peccato che tutto ciò si sapesse già da decenni, almeno da quando gli scavi iniziati nel 1966 della missione austriaca di Manfred Bietak confermarono l’identificazione di Tell el-Dab’a come Avaris.
Intanto c’è da fare una precisazione. Il termine Hyksos è la forma grecizzata di Hekau Khasut, cioè “Principi dei paesi stranieri”, epiteto con cui vengono indicati i sovrani della dinastia di Avaris nel Papiro dei Re di Torino e in altri testi presenti, ad esempio, su scarabei. La definizione è quindi relativa ai soli governanti, mentre le comuni popolazioni asiatiche che vivevano nel Delta orientale e nel vicino Levante erano chiamate Aamu.
Con la fine XIII dinastia (1725 a.C. circa), il potere centrale era ormai in crisi e la formazione di centri autonomi governati da signori locali frammentò l’unità dell’Egitto. Nell’area del Delta orientale ne approfittò quindi un’élite di origine straniera, comunque già presente in loco, per conquistare il potere e allargare il proprio dominio fino a Tebe. Con lo stesso meccanismo si formò, durante il Terzo Periodo Intermedio, anche la XXII dinastia (945-717 a.C.), retta dai rappresentanti di quella comunità libica che da tempo era inserita nel tessuto socio-economico egiziano.
Come detto, una progressiva penetrazione di popolazioni siro-palestinesi è attestata già a partire dalla fine della XII dinastia. Cultura materiale, tecnica edilizia, pratiche funerarie e onomastica sono chiare; armi e ceramica, case dalla pianta siriaca, sepolture all’interno dell’abitato, sacrifici di asini, nomi semitici, matrimoni misti indicano un insediamento asiatico ben integrato ad Avaris già almeno dal 1800 a.C. Tracce di distruzione sono invece quasi inesistenti e la città cominciò a dotarsi di una cinta muraria difensiva solo quando le mire espansionistiche dei sovrani tebani della XVII dinastia si facero sempre più pressanti.
Il finale dello scontro è noto: Ahmose, iniziatore della XVIII dinastia, proseguì la vittoriosa campagna di “riconquista” del predecessore Kamose, prendendo la capitale nemica e riunificando l’Egitto. Come si sa, sono i vincitori a scrivere la storia e la successiva accezione negativa degli Hyksos dipende proprio dalla retorica propagandisca dei re del Nuovo Regno. Quasi un secolo più tardi, ad esempio, Hatshepsut per legittimare il suo potere usava ancora il topos della cacciata dello straniero impuro nello Speos Artemidos a Beni Hassan: “Io ho restaurato quello che era distrutto, io ho rialzato quello che precedentemente era andato in frantumi, da quando gli Asiatici erano nel Delta ad Avaris, quando i nomadi andavano distruggendo quello che era stato fatto. Loro regnavano senza Ra”. A questa visione di parte hanno fatto poi riferimento Manetone nel III sec. a.C. e la vecchia storiografia di ‘800 e prima metà del ‘900.
Al contrario, la lettura di un documento coevo fornisce uno scenario completamente diverso della contesa. Nel famoso papiro matematico Rhind, copiato durante il regno del penultimo faraone Hyksos Apofi, c’è una breve nota che aggiorna sullo stato della guerra tra Nord e Sud che caratterizzò la fine del Secondo Periodo Intermedio. Lo scriba, dall’egizianissimo nome Ahmose, indica la data utilizzando ufficialmente gli anni di regno di Apofi e invece apostrafa il suo omonimo futuro riunificatore dell’Egitto, ormai minacciosamente quasi alle porte di Avaris, come “questo principe meridionale”.
D’altronde, anche in uno dei video divulgativi che, con l’associazione VOLO di Pisa, abbiamo realizzato due anni fa, la mia collega Camilla dice proprio: “In conclusione gli Hyksos non invasero l’Egitto in una singola campagna militare, ma s’inserirono nella società locale attraverso un fenomeno migratorio lento e graduale”.