Individuati oltre 20 tatuaggi su una mummia di Deir el-Medina

Individuati oltre 20 tatuaggi su una mummia di Deir el-Medina - Djed Medu

Le tracce di tatuaggi nell’antico Egitto, in particolare in età dinastica, sono molto rare, ma sembrano avere una connotazione ben precisa. Infatti, fin dalle prime attestazioni risalenti alla VI dinastia, i disegni sulla pelle caratterizzano soprattutto i corpi di donne – sacerdotesse, musiciste o danzatrici – che avevano un ruolo nel culto di Hathor. I tatuaggi, quindi, meglio conosciuti per la loro raffigurazione su dipinti e statuette, avrebbero una valenza religiosa legata alla sfera della sessualità. Un chiaro esempio è la mummia di Amunet, sacerdotessa della dea durante l’XI dinastia. Finora, però, questi simboli si limitavano per lo più a punti e tratti o, al massimo, a figure stilizzate. Per questo stupisce il risultato dello studio della bioarcheologa Anne Austin (Stanford University, California) sui resti di una donna sepolta a Deir el-Medina nel periodo ramesside (1300-1070). La mummia, di cui rimane solo il busto senza testa né avambracci, è stata scoperta dalla missione dell’IFAO diretta da Cédric Gobeil. Grazie all’analisi agli infrarossi, è stato possibile individuare tracce invisibili ad occhio nudo riconducibili a oltre 23 tatuaggi figurati: fiori di loto sulle anche, vacche sulle braccia, babbuini e udjat sul collo (vedi immagine); l’occhio di Horus è ripetuto anche su spalle e schiena. La scelta dei soggetti, secondo l’egittologa Emily Teeter (Oriental Institute di Chicago), confermerebbe il collegamento della defunta con i culti hathorici che sembra essere cresciuto d’importanza nel tempo visto che i tattoo non sono stati effettuati tutti in una volta.

Lo studio è stato presentato all’85° convegno annuale dell’American Association of Physical Anthropologistshttp://meeting.physanth.org/program/2016/session04/austin-2016-embodying-the-goddess-tattooing-and-identity-formation-in-bioarchaeology.html