Era apparso subito come minimo avventato e anacronistico il progetto di rimontaggio dei blocchi esterni della Piramide di Micerino, presentato il 25 gennaio dal segretario generale del Consiglio Supremo delle Antichità (SCA), Mostafa Waziry, in collaborazione con l’Università di Waseda, già protagonista della riassemblaggo della seconda barca solare di Cheope. Andando oltre ogni limite del restauro conservativo, era stato ipotizzato il riposizionamento della copertura in granito rosso di Assuan (a esclusione della sommità che era in calcare di Tura) della più piccola delle tre piramidi maggiori di Giza, in gran parte caduta e giacente nelle vicinanze della struttura di 4500 anni. Ma subito si erano sollevate voci fortemente contrarie al progetto da parte di esperti locali e stranieri. C’è chi ironicamente ha addirittura proposto il raddrizzamento della Torre di Pisa.
Da come era stato proclamata, sembrava cosa fatta, ma, al contrario, è di poche ore fa l’annuncio ufficiale della bocciatura del progetto.
Lo scorso 3 febbraio, infatti, il ministro egiziano del Turismo e delle Antichità, Ahmed Eissa – forse anche spinto dalle numerose polemiche scaturite – aveva istituito un comitato scientifico che avesse il compito di valutare la fattibilità dell’operazione. Il comitato, presieduto da Zahi Hawass, era composto da sei esperti in ingegneria e archeologia, che hanno lavorato in collaborazione con l’UNESCO: Mamdouh El-Damaty, ex ministro delle Antichità e supervisore del Dipartimento di Scienze Archeologiche all’Università di Ain Shams; Hani Helal, ex ministro dell’Istruzione e professore di Ingegneria all’Università del Cairo; Mostafa Al-Ghamrawi, ex capo del Dipartimento di Ingegneria strutturale dell’Università del Cairo; Mark Lehner, egittologo con esperienza decennale a Giza e presidente dell’Ancient Egypt Research Associates; Miroslav Bárta, egittologo e direttore dell’Istituto Ceco di Egittologia della Charles University di Praga; Dietrich Rau, egittologo e direttore dell’Istituto Archeologico Tedesco del Cairo.
Come preventivale – e auspicabile – il Ministero ha bocciato il progetto dopo aver esaminato la relazione del comitato. I blocchi di granito resteranno quindi dove sono in quanto andrebbero a nascondere le tracce sulle tecniche adottate per costruire la piramide e soprattutto perché è impossibile determinare la loro posizione originaria.
È stato invece dato parere positivo allo studio e al monitoraggio dei blocchi e preliminarmente a uno scavo archeologico ai piedi della piramide, a patto che arrivi una relazione dettagliata comprendente il periodo preciso, la lista completa dei membri del team con archeologi, ignegneri, restauratori e architetti e un direttore dei lavori esclusivamente dedicato al progetto (cosa che sembra escludere Waziry). Le finalità sarebbero quelle di portare alla luce i blocchi ancora in situ alla base della struttura – operazione, a dir la verità, già iniziata – e di ricercare l’eventuale presenza di fosse o barche solari, proprio come quelle di Cheope.