Il Ministero delle Antichità, lo scorso giovedì (2 luglio), ha deciso di sviluppare il sito archeologico del Mons Claudianus istituendo un museo a cielo aperto. Il Mons Claudianus, o Gebel Fatireh, si trova nel deserto orientale, a metà strada tra Qena e Hurghada, e corrisponde a un’area estrattiva di epoca romana da cui si ricavava, tra I e III secolo d.C., la granodiorite detta anche “granito del Foro”. Nonostante il nome, sembra che le attività minerarie siano iniziate già con Tiberio o Augusto, ma con Claudio (41-54) si ha l’istallazione di una guarnigione militare e di quartieri residenziali per gli operai le cui rovine sono tuttora conservate. La zona è disseminata di elementi architettonici appena sbozzati e di grandi colonne spezzate, la più lunga delle quali supera i 20 metri e le 200 tonnellate (vedi foto). Dal sito proviene anche una ricca collezione di oltre 9000 ostraka in greco che raccontano la vita dei minatori locali. La pietra veniva trasportata via terra fino al Nilo o al Mar Rosso e raggiungeva via nave prima il Mediterraneo e poi il porto di Ostia. Tra gli esempi di monumenti in cui è stato impiegato il granito grigio del Mons Claudianus, ci sono il Foro di Traiano, Villa Adriana, il Pantheon (8 colonne del pronao) e il palazzo di Diocleziano a Spalato.