Non poteva mancare un articolo che parlasse delle collezioni di Pisa, una delle due città dove ho studiato e, merito decisamente più rilevante, patria dell’egittologia italiana e non solo. È proprio qui, infatti, che nel 1826 il pisano Ippolito Rosellini fondò la prima cattedra di egittologia al mondo. L’anno prima, il giovane professore di Letterature Orientali e Lingua Ebraica aveva conosciuto Jean François Champollion del quale divenne discepolo e poi grande amico. I due organizzarono insieme la Spedizione franco-toscana (31 luglio 1828 – 27 novembre 1829), seconda grande campagna scientifica in Egitto dopo quella dei “savants” di Napoleone del 1798. Finanziati da re Carlo X di Francia e dal Granduca di Toscana Leopoldo II, Rosellini e Champollion (nel quadro di Giuseppe Angelelli in alto, sono al centro, rispettivamente l’uomo in piedi con la barba rossa e quello seduto con la barba nera) viaggiarono lungo il Nilo fino ad arrivare in Nubia e portarono in Europa una grandissima quantità di materiale proveniente da scavi e da acquisizioni. Quasi tutti i reperti andarono ad arricchire il Louvre di Parigi e il Museo Egizio di Firenze, ma una parte è ancora a Pisa, divisa tra le Collezioni Egittologiche dell’Ateneo e il Museo dell’Opera del Duomo.
Il Museo dell’Opera del Duomo fu fondato nel 1986 nella ex sede del Seminario Vescovile che si affaccia su Piazza dei Miracoli. Qui sono raccolti i reperti che erano esposti nel Camposanto Monumentale da quando, nel 1807, Carlo Lasinio (1759-1838) ne divenne il conservatore. L’incisore ne fece un vero e proprio museo riunendo le opere di proprietà della curia e tutti i reperti archeologici (etruschi, romani e delle civiltà del Mediterraneo) che aveva acquistato in 30 anni di attività. All’inizio, l’unico oggetto egiziano era una sfinge tolemaica; nel 1830, però, Gaetano Rosellini, zio di Ippolito e disegnatore della missione, donò a Lisinio una piccola parte della sua collezione privata che ora si trova nella Sala XXIII del museo.
Il gruppo era composto da 11 pezzi (ma un coperchio di vaso canopo venne trafugato durante la seconda guerra mondiale), tutti databili al Nuovo Regno ad eccezione di una stele e di un’altra sfinge del periodo tolemaico: due frammenti di decorazione parietale da tombe di Deir el Medina (dello scultore Ken e del medico Neferenmaat), una porzione di sarcofago in granito nero della XVIII din. (a destra nella foto), un bassorilievo in granito grigio con Seti I (a sinistra), due stele in calcare dipinto, una testa femminile con parrucca e fiore di loto e un altro frammento di statua.
Aggiornamento (18/10/2019):
Dopo 5 anni di chiusura per restauro, ho visitato il museo all’inaugurazione del rinnovato percorso espositivo che non comprende più i reperti archeologici, inclusi quelli egizi. Per il nuovo progetto museale, infatti, è stata fatta la scelta più omogenea di dare spazio al solo tesoro del Duomo e ai pezzi relativi ai monumenti di Piazza dei Miracoli. Gli oggetti egizi saranno prossimamente collocati in un’altra sede ancora da stabilire.
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http://www.opapisa.it/it/la-piazza-dei-miracoli/museo-dellopera-del-duomo/ledificio.html
Un’altra parte della raccolta di Gaetano venne lasciata in eredità da Laura Birga, sua nipote, all’Università di Pisa nel 1962 e costituisce il nucleo originario delle Collezioni Egittologiche di Ateneo (via S.Frediano 12). La “Collezione Picozzi” conta un centinaio di piccoli oggetti, soprattutto amuleti, scarabei e statuine di divinità, esposti insieme a prodotti di interesse etnografico (collane, armi e vasi delle tribù locali e 7 barattoli di vetro con la sabbia di diverse località) in un mobiletto in stile egittizzante costruito appositamente. Due anni dopo, si aggiunse la “Collezione Schiff Giorgini”, 400 reperti provenienti dagli scavi sudanesi di Soleb e Sedeinga condotti da Michela Schiff Giorgini e che fanno del museo una delle principali raccolte di antichità meroitiche d’Europa. Spiccano uno specchio in elettro, oro e rame, un grande scarabeo di Amenofi III e quello che è forse l’oggetto più famoso del museo, il calice in vetro blu con decorazione egittizzante e iscrizione in greco (III sec. d.C.; nel centro destra della foto in alto). Poi, nel 1968, le Collezioni acquisirono anche 1500 ostraka in demotico provenienti da Ossirinco (Oasi di Bahariya), ma donazioni e nuovi acquisti non si sono fermati, arrivando fino all’inizio del III millennio.
Aggiornamento:
Il 16 dicembre 2014, in occasione dei due anni del Sistema Museale di Ateneo, è stato presentato l’arrivo ufficiale della mummia di Kenamun e del suo sarcofago che resteranno esposti nella prima sala delle Collezioni (immagine a sinistra). Sulla pagina Facebook “Djed Medu – Blog di Egittologia”, potete trovare l’album completo con le foto del nuovo allestimento del museo.
http://www.egittologia.unipi.it/pisaegypt/collezioni.htm
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Molto probabilmente, appartengono al gruppo di oggetti portati in Toscana da Rosellini anche le due mummie, di cui una corredata di sarcofago, provenienti da Tebe e conservate presso il Museo di Anatomia Umana “Filippo Civinini”. La raccolta, appartenente al Dip. di Ricerca traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia dell’Università di Pisa, fin dal 1832 possiede una cospicua quantità di reperti archeologici. In particolare, una delle mummie, in perfetto stato di conservazione, mostra gli evidenti segni dell’imbalsamazione come il taglio per l’eviscerazione sul lato sinistro dell’addome e la narice sinistra dilatata per l’estrazione del cervello.