Dopo quasi 200 anni, una tomba viene scoperta per la seconda volta. Si tratta dell’ultima dimora di Djehuty-Nefer, “Soprintendente al tesoro” di Thutmosi III (1479-1424), che Champollion e Rosellini avevano individuato nel 1829 nella necropoli di Dra Abu el-Naga, Tebe Ovest. Da allora, nonostante ci siano diversi oggetti del corredo sparsi per i musei di tutto il mondo (compresi frammenti di una porta al Museo Egizio di Firenze), se ne erano perse le tracce. Fino a gennaio-febbraio di quest’anno, quando gli archeologi spagnoli diretti da José Manuel Galán (Consejo Superior de Investigaciones Científicas) hanno liberato la tomba dalla sabbia e dai detriti di altri scavi che l’avevano ricoperta, proprio vicino a quella del predecessore Djehuty. La particolarità della struttura consiste nella facciata, perfettamente conservata, realizzata a mattoni con sigilli reali che seguono il motivo decorativo della “facciata di palazzo” (vedi immagine in alto).
Ma, la 14a missione del “Proyecto Djehuty” ha rivelato ulteriori sorprese. In un pozzo di un’altra sepoltura scoperta, ancora anonima, sono venuti fuori due archi di 1,70 m con la corda ancora arrotolata al legno, una dozzina di frecce a punta di selce e un vasetto in alabastro avvolto in un panno di lino (vedi in basso). Naturalmente, si è continuato a lavorare alla tomba di Djehuty il cui corridoio di accesso è stato restaurato mettendo in evidenza un centinaio di graffiti in demotico che testimoniano il riutilizzo nel II sec. a.C. per seppellirvi mummie di ibis e falchi.
Per il dispaccio ufficiale e altre foto: CSIC