Profumo d’eternità: se pronunciato con accento francese da un’ammiccante modella o da un aitante attore con la camicia sbottonata, potrebbe essere lo slogan perfetto per una fragranza di una maison d’oltralpe. Ma funzionerebbe solo omettendo che il prodotto pubblicizzato sarebbe un balsamo che ricopriva le interiora di una donna vissuta 3450 anni fa.
Continuano gli studi scientifici incentrati sulle tecniche di mummificazione nell’antico Egitto e una recente pubblicazione su Scientific Reports (Nature) fornisce nuovi interessanti dati e ne conferma altri già emersi da ricerche precedenti, ma trova anche applicazioni pratiche, come la realizzazione di un profumo con la millenaria ricetta originale individuata.
Ricercatori del Max Planck Institute of Geoanthropology (Jena, Germania) hanno infatti analizzato le tracce di materiale rimasto sul fondo di due vasi canopi, ormai vuoti, appartenuti a Senetnay, moglie del sindaco di Tebe Sennefer e nutrice del futuro faraone Amenofi II (1427-1401 a.C.). I vasi in calcare furono scoperti da Howard Carter nel 1900 nella Valle dei Re (KV 42). Due sono rimasti al Cairo, mentre gli altri, dopo essere passati nella collezione privata dell’egittologo Friedrich Wilhelm Baron von Bissing a Monaco, sono finiti all’August Kestner Museum di Hannover, dove tuttora sono conservati. Lo studio ha preso in considerazione proprio questi ultimi, adibiti a contenere i polmoni e il fegato di Senetnay che però sono andati persi.
Nonostante l’assenza degli organi, è stato possibile analizzare i residui della sostanza che li ricopriva grazie ad avanzate tecniche come la gascromatografia-spettrometria di massa, la gascromatografia-spettrometria di massa ad alta temperatura e la cromatografia liquida ad alta prestazione-spettrometria di massa.
È emerso l’utilizzo di uno, o meglio, due balsami differenti. Questo dato conferma la diversificazione di ingredienti e ricette a seconda della parte del corpo da trattare, già letta nello studio sui ritrovamenti del laboratorio d’imbalsamazione di Saqqara. Gli altri elementi importanti sono il numero e la rarità dei prodotti utilizzati, soprattutto considerato il periodo, che si diffonderanno soprattutto alla fine del Nuovo Regno. L’alto rango della defunta spiega la complessità del composto che risulta il più ricco noto finora per la XVIII dinastia. A una base di cera d’api, oli vegetali, grasso di ruminante e bitume, si aggiungevano essudati di resine aromatiche o gomme balsamiche. Solo nel vaso per i polmoni si trovavano tracce di resina di una conifera, probabilmente il larice dell’Europa centrale, e di resina di Pistacia (lentisco o terebinto) o gomma dammar (dalle Dipterocarpacee delle foreste tropicali del sud-est asiatico). Difficile differenziare chimicamente gli ultimi due ingredienti, ma se fosse confermata la presenza del dammar, si attesterebbe un commercio elitario d’ampio raggio mille anni prima del caso di Saqqara.
Barbara Huber, che ha diretto la ricerca, ha comunicato che il suo team, lavorando con un profumiere, ha prodotto l’essenza del balsamo che potrà essere annusata quest’autunno dai visitatori del Moesgaard Museum, in Danimarca. Pare che il “Profumo dell’eternità”, nome scelto per il risultato dell’esperimento, sia simile a quello della cannella. In ogni caso, qualora volessero commercializzarlo, eviterei una bottiglietta a forma di canopo perché sarebbe un’idea già vista nella Parigi degli inizi del Novecento.
L’articolo originale: Huber, B., Hammann, S., Loeben, C.E. et al. Biomolecular characterization of 3500-year-old ancient Egyptian mummification balms from the Valley of the Kings. Sci Rep 13, 12477