Il processo di mummificazione inventato dagli antichi Egizi è, per molti versi, ancora poco chiaro. Infatti, la principale fonte storica sull’argomento, Erodoto (Storie II, 86-89), lascia dei dubbi proprio perché sicuramente non primaria. Nel corso degli anni, quindi, si è cercato più volte di verificare le informazioni fornite dallo storico di Alicarnasso con esperimenti su animali, singoli organi umani o interi corpi, ma mancava uno studio programmatico che documentasse passo dopo passo l’imbalsamazione. Così, un team di ricercatori diretto da Christina Papageorgopoulou (Democritus University of Thrace, Grecia) ha focalizzato l’attenzione sulla fase della disidratazione dei corpi tramite il “bagno” di natron che, secondo Erodoto, doveva durare 70 giorni. I risultati dello studio sono stati pubblicati sull’ultimo numero della rivista “The Anatomical Record”.
Per far ciò, sono state utilizzate due gambe di una donna deceduta da 24 ore che aveva donato il suo corpo all’Istituto di Anatomia dell’Università di Zurigo. Il primo arto è stato messo in un forno alla temperatura di 40°C con una bassa umidità del 10-20% per riprodurre il caratteristico clima caldo-secco del deserto e studiare gli effetti sulla mummificazione naturale; ma, dopo 7 giorni, il test è stato abbandonato per mancanza di progressi. L’altra gamba, invece, è stata ricoperta da 70 kg di una soluzione salina prodotta artificialmente per sostituire il natron che si estraeva dallo Wadi el-Natrun. La Papageorgopoulou ha puntualizzato che la scelta di non utilizzare tutto il cadavere è stata presa per evitare di dover asportare gli organi interni (anche se, e scusate la trivialità, l’operazione così mi è sembrata la salatura del prosciutto crudo).
Il campione è stato costantemente monitorato, anche tramite TAC, e, ad intervalli di tempo regolari, sono stati prelevati frammenti di carne per misurarne l’avanzamento della conservazione con esami al microscopio. La soluzione salina ha rimosso efficacemente l’acqua dai tessuti impedendo la proliferazione di funghi e batteri e la consequente decomposizione. Il problema, però, consiste nelle tempistiche perché, per la completa disidratazione, ci sono voluti ben 208 giorni, circa il triplo di quelli indicati da Erodoto. Quest’anomalia è stata spiegata dagli scienziati con i differenti fattori ambientali del laboratorio, molto più freddo e umido dell’Egitto.