Più di una volta mi sono trovato a parlare della missione del Proyecto Qubbet el-Hawa e delle relative scoperte effettuate dal team di Alejandro Jiménez Serrano (Universidad de Jaén) nella necropoli dei nomarchi di Elefantina. Questa volta, però, dal polveroso cantiere archeologico si è passati all’ambiente asettico (più o meno, viste le tante persone presenti nella foto) dell’ospedale universitario di Assuan. Quattro delle mummie ritrovate nelle precedenti stagioni sono state sottoposte a TAC fornendo a medici ed egittologi conferme e interessanti novità. Infatti, le analisi hanno permesso, in modo assolutamente non invasivo, di conoscere maggiori dettagli sullo stato di salute dei “pazienti” e sulle tecniche d’imbalsamazione nelle diverse epoche.
Le mummie più recenti e meglio conservate risalgono al Periodo Tardo, più precisamente alla fine del VI sec. a.C. Entrambi gli individui sarebbero morti di un’infezione acuta, forse di tipo gastrointestinale, per la mancanza di segni di traumi su ossa e tessuti molli. Di Hor-Udja è stata definita l’età (9 anni) grazie alla visione della dentatura attraverso il meraviglioso sudario intarsiato di perline in faience. Dedusatet, invece, era una donna negroide (siamo al confine con la Nubia) di 25 anni, mingherlina, con carenze nutrizionali, forte usura dei denti (ma questa è una costante dovuta alla dieta) e diverse patologie.
Dalle due mummie più antiche, in realtà solo scheletri, sono arrivati i dati più interessanti. Le ossa di una donna denotano evidenti segni di un tumore al seno, il più antico mai “diagnosticato”. Questo conferma l’ipotesi effettuata già due anni fa dall’antropologo dell’Universidad de Granada Miguel Botella, anche se la datazione è stata spostata all’inizio del Medio Regno (1950 a.C. circa). Sempre allo stesso periodo risalirebbe il più antico caso di mieloma multiplo che, colpendo il midollo, ha devastato le ossa di un uomo morto intorno ai 48 anni.