Tra i lettori del blog, ci sono molti studenti di Egittologia che spesso dimostrano la voglia di scrivere a loro volta qualcosa per Djed Medu. È il caso, ad esempio, di Federica Ruggiero, classe 1991, che si è laureata alla triennale in Storia presso l’Università degli Studi di Milano e che sta per iniziare la magistrale in Archeologia all’Università degli Studi di Bologna. Le lascio spazio proprio per raccontare in breve l’argomento della sua tesi, discussa da poco, perché sono sicuro v’interesserà vista la prominenza della figura storica trattata.
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Donna determinata, forte, dal carattere dominante, una delle più importati regine nella storia dell’Egitto faraonico… e non era nemmeno di sangue reale: Tiye. Figlia di Yuya, uomo di umili origini che divenne funzionario della città di Akhmim (capitale del IX nomo dell’Alto Egitto), e di Tuia, nobildonna lontanamente imparentata con la linea dinastica ahmoside, venne elevata al rango di “Grande Sposa Reale” quando, ancora bambina, si congiunse ad Amenhotep III nel suo secondo anno di regno (1390 a.C.). Nonostante non appartenesse alla corte, infatti, inserire gli influenti genitori nel consiglio volto alla reggenza del regno fu una mossa da considerarsi decisamente astuta da parte del faraone.
Tale matrimonio fornì a Tiye un ruolo di fondamentale importanza per la gestione sociopolitica dell’Egitto dato che, per la prima volta, una regina affiancava il re ponendosi al suo stesso livello. Durante la XVIII dinastia ebbe infatti inizio una pratica inusuale fino a quel periodo, ossia il ritrarre la Grande Sposa Reale accanto al marito in numerose occasioni ufficiali: Tiye è citata sugli scarabei commemorativi, indossa la corona della dea Hathor, il suo nome viene inciso all’interno dei cartigli (immagine a sinistra), viene rappresentata con il corpo di sfinge. L’utilizzo, in tali scene, di dimensioni pari a quelle del consorte conferma quanto fosse prominente il suo status. Fu proprio Tiye ad essere la figura chiave di questo cambiamento, rispetto all’inizio della XVIII dinastia, quando, a partire da Ahmose Nefertari, era più importante il ruolo della Regina Madre. Crebbe inoltre l’enfasi per il culto del sole e della natura divina del faraone. In Nubia, ad esempio, la coppia reale fece erigere due templi strettamente legati che prefigurano il complesso di Abu Simbel di Ramesse II e Nefertari: il santuario di Soleb dedicato al re e quello di Sedeinga consacrato alla consorte.
Finché la coppia restò in carica, l’Egitto raggiunse l’apogeo del potere, della ricchezza, della raffinatezza artistica e soprattutto del prestigio internazionale. Crebbe esponenzialmente il predominio sulla Siria, anche grazie alla politica matrimoniale. Ad esempio, Amenhotep III prese in sposa Gilukhipa, figlia di Shuttarna II di Mitanni (nord della Mesopotamia), regno con cui ebbe rapporti diplomatici e di amicizia. Dopo l’ascesa al potere di Tushratta a Mitanni, i rapporti si strinsero ulteriormente e la principale testimonianza di ciò sono le note “lettere di Amarna”, preziosa raccolta di documenti che narra le vicissitudini e le evoluzioni nei rapporti di politica estera. D’importanza fondamentale è la lettera EA 26, in cui Tushratta risponde direttamente a Tiye che, evidentemente, desiderava accertarsi del mantenimento dei buoni rapporti fra i loro regni a seguito della morte del faraone.
La Grande Sposa Reale trascorreva gran parte del suo tempo nella città di Tebe, dove disponeva di un’amministrazione chiamata “la Casa della Regina”, parte della “Casa del Faraone”, che si presentava come un complesso di servizi medici, magazzini, botteghe e laboratori di orefici, falegnami, panettieri, birrai e addirittura di un tesoro. Aveva al suo servizio maggiordomi gestiti in maniera quasi imprenditoriale, tra cui spicca il nome di Kheruef, la cui eterna dimora (tomba TT192) ci ha donato due magnifiche rappresentazioni del Giubileo di Amenhotep III, nelle quali la regina incarna Hathor ma anche la Maat, contemporaneamente armonia indistruttibile del cosmo e base inviolabile sulla quale è costruita la società egizia.
Come detto, Tiye sopravvisse a suo marito e fece da coreggente al figlio Amenhotep IV (meglio noto come Akhenaton), seguendolo persino nella sua “rivoluzione”. È citata per l’ultima volta in una iscrizione datata 21 novembre del 12º anno di regno di Akhenaton (1338 a.C.), proprio quando una grave epidemia sconvolse l’Egitto e, probabilmente, anche la famiglia reale.
Il ritrovamento della sua mummia fa parte di una scoperta sensazionale: l’egittologo Victor Loret, infatti, la trovò nel 1898 nella tomba di Amenhotep II (KV35), adagiata al suolo accanto agli altri corpi imbalsamati che erano stati deposti in un secondo momento in questa cachette. In realtà, l’identificazione definitiva di Tiye con la cosiddetta “Elder Lady” (nominata così per distinguerla dalla dibattuta “Younger Lady”) è molto recente. Il primo che effettuò studi sulla sua mummia fu l’anatomista Grafton Elliot Smith nel 1912. Una manciata di anni dopo, nel 1922, nella tomba di Tutankhamon venne ritrovato un piccolo sarcofago che custodiva una ciocca di capelli color rame quasi perfettamente conservati, dopo più di tre millenni! Il collegamento fu presto fatto grazie al nome scritto sull’oggetto: i capelli appartenevano alla regina Tiye. Ma bisognerà aspettare il 2010, quando, grazie a TAC e analisi del DNA effettuate a diverse mummie reali nell’ambito del “Family of King Tutankhamun Project”, un sottile filo rosso ha collegato tra loro una serie di personaggi, riordinando i tasselli di un puzzle di cui si era da molto tempo persa memoria. Quella ciocca di capelli per Tutankhamon doveva essere una vera e propria reliquia, tenendo conto soprattutto del fatto che sua nonna Tiye, insieme a suo marito, era stata divinizzata: il “Faraone Bambino” possedeva quindi la ciocca di capelli di una dea.
Federica Ruggiero
Bibliografia:
- Davis T. M., Maspero G., Smith G. E., Ayrton E., Daressy G., Jones E. H., 1910, The tomb of Queen Tîyi. The Discovery of the Tomb, London 1910;
- Hawass Z., Silent images: Women in Pharaonic Egypt, Cairo 1995;
- Hawass Z., Gad Y. Z., Ismail S. et al., Ancestry and Pathology in King Tutankhamun’s Family, in JAMA 33 n. 7 (2010), pp. 638-646;
- Hawass Z., Saleem S., Scanning the Pharaohs: CT Imaging of the New Kingdom Royal Mummies, Oxford 2015;
- Piacentini P., Orsenigo C., La Valle dei Re Riscoperta. I giornali di scavo di Victor Loret (1898-1899) e altri inediti, Milano 2004;
- Piacentini P., Orsenigo C. (a cura di), Egitto: La Straordinaria Scoperta del Faraone Amenofi II, Milano 2017;
- Rice M., Who’s Who in Ancient Egypt, London 1999;
- Smith G. E., Catalogue of the Royal Mummies in the Museum of Cairo, Cairo 1912;
- Tallet P., 12 reines d’Egypte qui ont changé l’Histoire, Paris 2013.