Totò e l’antico Egitto (blooper egittologici)

Totò e l'antico Egitto (blooper egittologici) - Djed Medu

#AccaddeOggi: il 15 febbraio 1898, nasceva Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi de Curtis di Bisanzio, in arte semplicemente Totò. Inutile spiegarvi chi fosse e l’importanza che ha avuto per il cinema italiano. Forse, invece, è meno nota la sua capatina nel mondo dell’Egitto antico attraverso due film che, lo specifico fin da subito, non sono di certo annoverabili tra i capolavori del comico partenopeo, anzi… Si tratta, infatti, di due pellicole che, insieme a “Totò contro il pirata nero”, fanno parte di una ‘dimenticabile’ trilogia parodistica a carattere storico del regista Fernando Cerchio: “Totò contro Maciste” e “Totò e Cleopatra”.

Siamo agli inizi degli anni ’60, quando il genere peplum era all’apice del gradimento del pubblico. Cinecittà sfornava decine e decine di film in costume su miti classici, racconti biblici ed eventi storici che, nonostante fossero spesso ripetitivi e di scarsa qualità, riempivano le sale cinematografiche. Inoltre, per ogni grande successo, spuntavano miriadi di parodie umoristiche che tentavano di sfruttare la conseguente pubblicità di riflesso. In quest’ultimo filone, rientrano i due lungometraggi di cui mi occuperò in questo articolo che vedono come protagonista un Totò ormai a fine carriera e quasi completamente cieco, ma ancora molto popolare.

Per questo, i produttori lo piazzavano in progetti a basso costo (si girava in due o tre settimane per cavalcare l’onda lunga dei colossal presi in giro) confidando nelle sue capacità d’improvvisazione. Infatti, anche i due film ‘egiziani’ del Principe de Curtis, caratterizzati da una sceneggiatura nulla e da improbabili scenografie (fondali di cartone e scene di massa rubate da altre pellicole), si poggiano solo sulla recitazione di Totò e sull’ambientazione in un periodo storico che ha sempre fatto presa sulla gente. Detto ciò, mi sembra superfluo aggiungere che, in questo caso, non starò a sindacare sull’attendibilità dei dati egittologici presenti.

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“Totò contro Maciste”

Del 1962, è il primo film della trilogia di Cerchio (che aveva già diretto “Il Sepolcro dei Re” e “Nefertite, regina del Nilo”) che pescò nella rinnovata serie dell’invincibile eroe dalla forza sovrumana. Maciste è un personaggio cinematografico – il cui nome forse è stato inventato da D’Annunzio – comparso per la prima volta nel 1914 in “Cabiria”. Seguiranno poi molti altri titoli fino agli anni ’20, per poi riprendere nel 1960 con “Maciste nella Valle dei Re” (prossimamente in questa rubrica). Il soggetto è stato spremuto al massimo con oltre 20 film in soli 4 anni e innumerevoli nemici affrontati – alcuni dei quali veramente improbabili (addirittura Zorro) – tra cui, appunto, figura anche Totò.

Totokamen è un ciarlatano che, spalleggiato dal suo agente Tarantenkamen (l’ottima spalla Nino Taranto), fa spettacoli nei night club dell’Egitto spacciandosi per il figlio di Amon. Così, il faraone Ramsise VIII (sic) lo costringe ad affrontare Maciste (il culturista americano Samson Burke) che aveva abbandonato il suo paese per allearsi con gli Assiri. In realtà, la colpa del tradimento è della «bella faraona, scambiata per una padovana» che vuole il trono tutto per sé e, quindi, strega Maciste con una pozione magica e lo spinge ad attaccare suo marito.

Totokamen è tutt’altro che un eroe, ma riesce a battere ugualmente il muscoloso nemico con una serie di colpi di fortuna e con «il coraggio della paura». Tutto qua: una sequela di battute e giochi di parole piuttosto infantili del tipo «Nefertite? Oh, mi dispiace! Con la nefrite dovrebbe rimanere a letto», «La devi finire con questo incenso! Quante volte devo dirti che sono incensurato?», «Nella locandina ha i geroglifici più piccoli di Peppino del Cairo!», “Tu, prode! – A me non prode niente». Ma almeno, in battaglia, Totò indossa giustamente la corona kepresh… mica il copricapo da regina come in altri film ben più ‘seri’ (ogni riferimento ad “Exodus” è puramente casuale).

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“Totò e Cleopatra”

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L’anno dopo, Cerchio confermò l’ambientazione esotica dell’Egitto non tanto per il successo del film precedente ma per il clamore provocato a Roma, e non solo, nel 1963 dalla realizzazione di “Cleopatra” con Elizabeth Taylor. In una vera e propria corsa contro il tempo, infatti, la parodia uscì nelle sale dopo soli due mesi dal rilascio ufficiale del film di Mankiewicz.

La storia di base è la stessa, ma rivisitata in chiave comica. Marco Antonio (Totò), arrivato in Egitto, subisce il fascino della bella Cleopatra (Magali Noël, neanche minimamente vicina ai livelli di Liz), abbandona Roma e resta ad Alessandria. Fulvia (Moira Orfei!), che vuole che il marito firmi il divorzio per assicurarsi almeno gli alimenti, convince il cognato Totonno, uno schiavista imbroglione, a sostituire il fratello gemello Marco Antonio.

Evidentemente, un solo Totò non sarebbe bastato a salvare un film ancora meno divertente dell’altro e in cui la commedia degli equivoci è l’unico spunto per portare avanti la sceneggiatura. Famosa è la scena in cui un doppio Totò si guarda in uno specchio rotto. Il timbro delle battute, invece, diventa più volgare, quasi sempre riferito al sesso (sarà stata colpa della ‘lasciva’ regina tolemaica?), come il «Viva la biga!», gli schiavi Proci con chiari atteggiamenti effeminati e l’elenco delle provincie romane, ‘georeferenziate’ sul formoso corpo di Cleopatra (immagine in alto).