Nella già difficile situazione del patrimonio archeologico egiziano, ci si mette anche una disputa giuridico-religiosa. Abdel Hamid el-Atrash (in foto) – ex capo del Comitato per gli Editti all’Università di al-Azhar (la più autorevole istituzione d’Egitto e dell’intero Islam sunnita) – ha emesso una fatwa che legittimerebbe gli scavi illegali e la vendita di antichità al mercato nero. Il mufti, interpretando uno hadith (racconto sulla vita di Maometto), ha affermato che ogni individuo ha il diritto di tenere qualsiasi tesoro trovato nella sua proprietà e di venderlo, a patto di utilizzare una parte del guadagno per fare la carità, uno dei pilastri dell’Islam. C’è da dire che molti esperti di diritto islamico e altre figure religiose hanno criticato aspramente questo editto (mancante comunque di diretta esecutività) che va contro la stessa legge egiziana. Dal 1983, infatti, sono vietati tutti gli scavi non autorizzati poiché ogni reperto archeologico – sotterrato o meno – è proprietà dello Stato; tale norma (n° 117) è stata recentemente modificata con l’inasprimento delle pene (fino a 7 anni di carcere e/o 10.000 LE di multa). Anche Zahi Hawass è intervenuto sulla vicenda e, con il suo classico temperamento, ha consigliato ad Atrash di fare un controllo mentale.